di Maria Rusolo
“Facciamo esperienza degli estranei solo come apparenze, in modo che ciò che si vede esaurisce ciò che essi sono.”
Certo che aprire un pezzo con una citazione di Bauman farà pensare a molti ” ma con questo caldo, questa oggi di che si deve lamentare?” Sono consapevole di essere a volte, solo in alcuni casi però, un po’ pignola, e di essere identificata con una sorta di Grillo Parlante a cui volentieri tirare una bella scarpa con il tacco, ma credetemi ho le mie buone ragioni, anche oggi, datemi un po’ di fiducia e qualche secondo del vostro tempo.
Tutti gli anni come il virus intestinale e le punture di vespa grigia congolese arriva l’estate con i suoi rituali, le sue pessime canzoni che ci massacrano le orecchie per tre mesi consecutivi, come l’allarme di notte del vicino che non vuole sapere di smettere di suonare, e con i soliti stereotipi ossessivi a cui non ci si può opporre con alcun mezzo.
La domanda costante e continua, che ti trapana il cervello dalla mattina alla sera è sempre la stessa: Quando parti per le vacanze? E tu sei lì tutta sudata, appena uscita dalla stanza del giudice, naturalmente climatizzata, mentre i corridoi sono come il deserto del Sahara, e vorresti solo gridare che non ce la fai neanche a pensare, che devi solo correre, e che alle vacanze non ci hai neanche minimamente pensato, perché vorresti solo prendere per il collo l’ultimo cliente che si è seduto davanti alla tua scrivania senza versarti il dovuto. In realtà l’affaire vacanza è una questione di fondamentale importanza; si tratta di uno status a cui nessun italiano medio vuole rinunciare per nessuna ragione al mondo. Non contano i debiti accumulati, le rate del mutuo, quelle della macchina, le tasse universitarie, o i contributi da versare che restano in un cassetto, non si può non mostrare ai vicini, agli amici, ai colleghi e soprattutto ai parenti che non ci si organizza per un viaggetto, che si rimane in città in mezzo agli sfigati, senza peraltro ostentare una sacrosanta tinatarella al sapore di birra artigianale.
Non sia mai e che cosa si racconta poi alle altre mamme a settembre all’ingresso della scuola? Non si può rimanere in città, non si può!!! E quindi tutto passa in secondo piano in nome dell’apparenza, della necessità di mostrarsi in qualche modo degni degli stereotipi che la società dei consumi ci ha imposto in questi anni, vada anche per un viaggetto con cambiali a seguito, non conta. Nessuno mi fraintenda, il riposo è sacro, è il momento fondamentale per recuperare le energie necessarie ad alimentare lo spirito ed il corpo.
Il tempo che scorre senza impegni, senza l’assillo dell’orologio e delle cose da fare come obbligo, la colazione gustata senza forzature, la possibilità di vestirsi con cura e di leggere un libro nel silenzio di un pomeriggio estivo, lasciando il mondo fuori. In realtà non è questo il modello che si insegue, al contrario, ci si stressa più che se si lavorasse, con le cosiddette partenze intelligenti, in auto cariche di bagagli, pieni di cose inutili, con il solo scopo di dover fare per apparire e non di essere e coltivare se stessi ed il rapporto con gli altri. Siamo diventati la società in cui dobbiamo possedere anche quando non possiamo, dobbiamo consumare per vivere, a contatto con gli altri in una continua corsa a chi è ” meglio”, ed in questa continua corsa, inutile e deleteria corsa, abbiamo finito per perdere di vista tutte le cose davvero importanti. Il rispetto, l’attenzione, l’accoglienza, il buon gusto!!!
E quindi forza corriamo a prendere l’ultimo micro bikini alla moda per non sfigurare in spiagge affollatissime e documentare sui social tutti i passi della giornata, piatti di cozze e riso compresi. Dimenticavo a questo punto una domanda è d’obbligo : ” Ma voi che fate per le vacanze?”
“Ci sono individui composti unicamente di facciata, come case non finite per mancanza di quattrini. Hanno l’ingresso degno d’un gran palazzo, ma le stanze interne paragonabili a squallide capanne”.