di Christian Sanna
Ci si innamora così, quando meno te l’aspetti, accantonando ogni forma di calcolo ed idea di strategia. Ci si innamora ad una festa di compleanno di un amico in comune, durante un ballo mascherato o alla stazione, aspettando il treno che rappresenta quell’occasione che sembra non arrivare mai. Ci si innamora di chi fugge, di chi ha l’odore muschiato e sudato delle lenzuola al mattino dopo una notte di passione, di chi possiede il tocco delicato e conosce il potere attrattivo delle parole.
Ci si innamora seduti nell’angolo del tavolo ad una cena, entrambi annoiati da una discussione troppo leggera per due spiriti riconosciutisi senza scambiarsi una parola, con l’unico desiderio di scappare via, lontano dall’incalzante banalità che li vuole mangiare. Ci si innamora dei problemi dell’altro, delle sue disperazioni, come se nel soccorrerlo, una volta vestiti i panni della crocerossina, si dovesse espiare la colpa di qualche errore commesso in una vita precedente.
Ci si innamora della persona sbagliata, ignorando quei segnali che sono come gli avvisi di un pericolo imminente, solo perchè l’istinto preme per una scelta e ci si illude, mentendo a se stessi, fingendo di non vedere quei dettagli che non vanno, probabilmente per un inconsapevole, masochistico ed irrefrenabile desiderio di sentirsi eroina all’interno di una storia sbagliata che purtroppo è reale e non letteratura. Ci si innamora di una voce al telefono, di un broncio, di un’aria malinconica.
Ci si innamora di un discorso, di chi fa ridere, piangere, riflettere. Di chi fa arrossire. Di chi è capace di smuovere qualcosa dentro, di chi ha freddo e si aspetta dall’altro un abbraccio che significa ” D’ora in poi ci sarò io a prendermi cura di te”. Ci si innamora di quel che non c’è mai stato e che avrebbe potuto realizzarsi se solo gli dèi fossero stati meno capricciosi e le circostanze favorevoli. L’amore è anche una questione di tempi che coincidono; affinchè due solitudini si incontrino per riconoscersi concretizzando il rapporto è necessario che abbiano la reciproca predisposizione ad accogliere l’altro.
Insomma, il famoso “chiodo scaccia chiodo” non solo non funziona, ma rischia di avvolgere la nuova relazione in una specie di nube tossica. Prima di buttarsi in una nuova storia, bisogna assicurarsi di aver depurato mente e cuore dalle tossine della relazione precedente. Ne L’eredità di Ezster l’autore ungherese Sándor Márai afferma che ” Due persone non possono incontrarsi neanche un giorno prima di quando saranno mature per il loro incontro. Mature, ma non secondo le loro inclinazioni o preferenze, bensì nell’intimo, secondo i dettami di una specie di legge astronomica inoppugnabile, così come si incontrano i corpi celesti nell’immensità dello spazio e del tempo, con precisione matematica, nello stesso attimo, che è il loro attimo nella successione infinita dei secoli e delle distese spaziali”. È evidente che un grande amore abbia bisogno di essere battezzato da una buona stella; a volte il destino offre delle occasioni che non si riesce a cogliere, proprio perchè si fa fatica a riconoscere quel segnale.
È come se l’universo intero sparasse una luce fortissima sul quel pianeta, nella speranza che uno si possa rivedere nell’altra, possa riconoscere nello specchio che riflette la parte mancante, quella che deve combaciare o comunque chiudere il cerchio, al fine di simulare il sogno di un infinito percepibile e quindi possibile, alla portata. L’amore è la fenice che rinasce dalle proprie ceneri. Possiede una caratteristica unica: la capacità di sopravvivere a se stesso. Pretende spazio e avanza spazzando via ogni cosa trovata lungo la strada: buon senso, raziocinio, discrezione.
Parte alla conquista di intere regioni del sentimento, ambisce alla totalità dell’emisfero cerebrale destro. Non si esaurisce con la fine di una storia, perchè passata la sbronza della fase “depressiva” e dei ricordi, dei sensi di colpa e dei rimpianti, metabolizzata la sofferenza e archiviato il passato, punta dritto a riprodursi, cercando la sponda in una nuova storia per continuare a proliferare sensazioni, euforie, ascese in paradiso e cadute negli inferi. Si giunge spediti alla fase della speranza, al momento in cui dopo la delusione qualcosa sembra riaffiorare e si riaccende la luce.
Lo spunto ce lo fornisce Fabrizio De Andrè nella struggente La Canzone dell’amore perduto quando dopo ” i fiori appassiti al sole di un aprile ormai lontano” e ” non resta che una svogliata carezza e un pò di tenerezza” canta con ritrovato entusiasmo “Ma sarà la prima che incontri per strada che tu coprirai d’oro per un bacio mai dato per un amore nuovo”. Siamo alla sublimazione del concetto amoroso dove dolore, passione, speranza, delusione, sogno si intrecciano fino a fondersi come due corpi abitati da una sola anima, stesi su un letto di voglie e di attese, di illusioni e di magie.
Alla luce di quanto scritto posso affermare che amare è l’unica cosa per cui vale davvero la pena di stare al mondo; la più efficace e piacevole distrazione dalla noia e dall’imbarazzo dell’esistere. Perchè come scriveva il già citato Sándor Márai “Si è sempre in cammino verso la persona alla quale un giorno si darà un bacio”.