Nel 1915, proprio cento anni fa, una teoria rivoluzionaria, di cui tutti almeno una volta nella vita abbiamo sentito parlare, suscitò il clamore di tutta la comunità scientifica: la teoria della relatività, ‘figlia’ del genio di Albert Einstein.
Fu qualcosa di sorprendente, perché arrivò in un panorama scientifico in cui la fisica classica, incapace di spiegare i comportamenti della materia a livello microscopico (specialmente le interazioni riguardanti gli elettroni e la radiazione elettromagnetica), venne messa in discussione dalla meccanica quantistica. Si trattava di una nuova fisica in grado di indagare empiricamente, con l’ausilio di statistiche e probabilità, ciò che le leggi conosciute fino ad allora non riuscivano a chiarire senza incorrere in contraddizioni. E la relatività -annunciata nel 1915 dinanzi all’ Accademia prussiana delle scienze e resa pubblica il 20 marzo 1916- venne e mise in discussione anche questa novella fisica dei quanti (dal latino quantum, ossia quantità invisibile), cui lo stesso Albert paradossalmente aveva contribuito!
Vediamo in che cosa consistono gli aspetti principali di tale teoria.
In primo luogo, Einstein elaborò la ‘relatività ristretta’, con cui volle conciliare i principi di relatività di Galileo con le equazioni di Maxwell per l’elettromagnetismo. I primi affermano che la velocità di un corpo varia, a seconda del sistema di riferimento in cui viene misurata: se siamo su un bus in movimento e lanciamo un oggetto nel senso di marcia, per chi è fermo fuori avrà una velocità maggiore di quella misurata da noi che abbiamo spinto l’oggetto, e sarà data dalla somma della velocità dell’oggetto e di quella del mezzo in movimento. I secondi, invece, asseriscono che le onde elettromagnetiche hanno origine dalla propagazione di campi elettrici e magnetici nel tempo, e soprattutto che la luce abbia una velocità finita e costante per qualsiasi sistema di riferimento, cioè c=300’000 km/s circa (con c che sta a indicare celeritas, velocità dal latino), in contrasto con la composizione della velocità galileiana, e con la legge di gravitazione universale di Newton, in quanto non sussisterebbero velocità più elevate di c.
Inoltre, cade pure il caposaldo di simultaneità, cioè due eventi simultanei per un osservatore, possono non esserlo per un altro!
Di conseguenza, relatività galileiana ed elettromagnetismo non andavano molto d’accordo, perciò si arrivò alla ‘relatività generale’, ed Einstein, per risolvere il problema, introdusse il tempo e lo spazio non più come erano visti dalla meccanica classica, cioè come grandezze assolute e separate, ma anche loro come grandezze relativistiche e tra loro dipendenti tramite la velocità, introducendo lo ‘spazio-tempo’, e creando in tal modo un continuum di 4 dimensioni.
Per chi è in movimento lo spazio si contrae e il tempo si dilata scorrendo più lentamente, infatti, se ci facciamo caso, quando, ad esempio, stiamo camminando o correndo abbastanza velocemente, le cose intorno sembrano stare quasi ferme, con un moto impercettibile insomma. E quando viviamo istanti che sembrano scorrere troppo lentamente o velocemente, o che ci sembrano addirittura già accaduti (il dejà vu)? Siamo dinanzi a un momento nostro interiore e personale, che, può risultare banale, ma è un esempio che il tempo non è più una costante uguale per tutti!
Per capire meglio la fusione di spazio e tempo, possiamo immaginare di mettere una sfera su un lenzuolo mantenuto teso ai quattro lembi; il lenzuolo inizia a subire una variazione nella sua forma verso il basso dovuta al peso esercitato dall’oggetto; questa deformazione è la nota ‘curvatura spazio-tempo’, ossia il modo in cui si manifesta la forza gravitazionale su tutti i corpi, pianeti compresi.
Qui, pertanto, sopraggiunge la formula più conosciuta di tutta la fisica E=mc². Energia uguale a massa per velocità della luce al quadrato. Un’equazione nella sua brevità elegante! Essa racchiude non solo il concetto di spazio-tempo, ma principalmente l’equivalenza tra massa ed energia: viste fino ad allora come due cose distinte e separate, con Einstein divennero anche loro un tutt’uno come lo spazio ed il tempo: la ‘massa-energia’. Infatti, noi sappiamo che nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si può trasformare: un pezzo di ghiaccio che pesa dieci chili, quando fonderà in liquido e una piccola parte evaporerà, sempre dieci chili peserà. Albert collegò questo principio di Lavoisier sulla conservazione della massa anche all’energia. Entrambe si conservano e possono essere convertite l’una nell’altra.
Oggi tale formula viene applicata nel campo dell’energia nucleare: nei reattori di fissione per alimentare molte cittadine, nel campo satellitare e spaziale, nel campo medico per scansionare il nostro corpo e nelle batterie dei pacemaker, in ambito archeologico con la datazione con il carbonio-14, e in molti altri utilizzi.
Così Einstein con la sua intuizione diede impulso a un nuovo modo di concepire la realtà dal punto di vista fisico e soprattutto filosofico, visto che il suo ingegno abbracciava svariate discipline. La realtà non è più qualcosa di statico, è in continuo divenire, cambia a seconda delle situazioni, delle persone e degli oggetti in esame; per esempio, la copertina di un libro può essere verde, ma anche nera se lo osservassimo al buio, mentre per un daltonico potrebbe essere di un altro colore ancora!
Con Albert, per farla breve, tutto è diventato relativo… perché ”l’immaginazione è più importante della conoscenza”!