di Fabio Buffa – foto Archivio Alinari
Nella seduta del 28 giugno 1946, l’Assemblea Costituente nomina il primo capo dello Stato della Repubblica Italiana. E’ Enrico De Nicola, nominato a titolo provvisorio, con 396 voti su 501 votanti.
Sono passati quindi 75 anni, giusti giusti, da quella tappa fondamentale per la nostra storia, che seguiva di circa 2 settimane la proclamazione della Corte di Cassazione dei risultati del referendum sulla forma di Governo da dare al nostro paese dopo la seconda guerra mondiale.
A dire il vero fu Alcide De Gasperi a diventare Capo dello Stato subito dopo la proclamazione della Repubblica, che, in qualità di primo ministro, aveva il compito anche di essere momentaneamente Presidente della Repubblica, fino alla votazione dell’Assembela. Che puntò sul nome di Enrico De Nicola. Prese i poteri il primo luglio 1946, fino al 31 dicembre 1947. A dire il vero De Nicola, adducendo a problemi di salute ma in realtà per motivi politici, a metà del 1947 diede le dimissioni, ma dopo un solo giorno fu rieletto. Per continuare fino al maggio 1948.
Ma chi era Enrico De Nicola?
Nacque a Napoli il 9 novembre 1877. Dopo gli studi classici si iscrive a Giurisprudenza, ma nel frattempo diventa redattore del giornale “Don Marzio”. E’ politicamente liberale, dell’area che si rifaceva a Giovanni Giolitti, quindi a 30 anni entra nel consiglio comunale di Napoli. Due anni dopo entra in Parlamento per poi essere nominato sottosegretario, prima al Ministero delle Colonie, poi a quello del Tesoro.
Intanto, dopo la laurea, inizia l’attività forense attirandosi stima e considerazione sia come uomo politico che di legge. Dopo la resa con gli alleati del 8 settembre 1943, De Nicola si incontra con Benedetto Croce e Carlo Sforza per cercare di costruire un governo che non si riferisse al Sovrano. Dopo alcune tappe che la storia ci racconta, il 28 giugno 1946 c’è la sua elezione.
Nel suo discorso di insediemnto sottolinea l’esigenza che a concorrere alla ricostruzione dell’Italia intervengano attivamente anche coloro che si siano “purificati da fatali errori ed antiche colpe”. Ovvero gli ex fascisti. Un discorso pluralista, di unità nazionale, dove è chiara la consapevolezza della disastrosa situazione lasciata dal nazifascismo e dalla guerra, la necessità che occorresse ricostruire da subito e che per fare ciò ci voleva il lavoro di tutti.