di Rosario Pesce
La storia si consuma lungo il crinale del rapporto fra il popolo e le élite.
In ogni civiltà ed in ogni momento storico, le società vivono grazie al rapporto talora vivido, talora problematico fra le classi subalterne e quelle che hanno un primato all’interno del loro consesso di riferimento.
È evidente che, con la nascita della democrazia parlamentare, un simile rapporto è divenuto ancora più importante, dal momento che i ceti popolari sono molto più numerosi di quelli costituiti dai notabili, per cui il loro orientamento è decisivo per le sorti politiche dello Stato moderno.
Si sa bene che, prima della nascita delle democrazie parlamentari, il conflitto fra élite e popolo si consumava con gli atti rivoluzionari, per cui furono i ceti popolari francese ed inglese a decapitare i sovrani assoluti, sia pure sotto la guida delle borghesie illuminate.
Nel sistema parlamentare, naturalmente i cambiamenti epocali si consumano con lo strumento del voto e, così, negli ultimi anni in moltissimi Paesi europei il popolo e le élite hanno espresso orientamenti, talora, convergenti che si sono orientati contro il potere precostituito, in vista della nascita di una nuova classe dirigente.
È ovvio che un simile orientamento è nato da un profondo disagio socio-economico, per cui i ceti popolari hanno visto, progressivamente, diminuire la bontà delle loro già precarie condizioni di vita, mentre le élite hanno temuto sovente una propria proletarizzazione, per cui tutti insieme sono stati spinti ad esprimere un indirizzo di voto in favore di un cambiamento radicale dello status quo.
A fare le spese è stato il ceto politico preesistente, che, ormai da tempo, non è più esso stesso élite, visto che è l’anello debole per definizione del sistema istituzionale e sociale, il primo certamente a cadere in caso di mutamenti epocali, come appunto è avvenuto, anche, in questo scorcio di inizio di terzo millennio.
In tal modo, il cambiamento radicale del ceto politico diviene un’occasione di dialogo – sia pure a distanza – fra il popolo e le élite, che contano per davvero all’interno del consesso sociale: pur essendo le loro condizioni assai differenti, popolo ed élite si stringono intorno ad un medesimo obiettivo, quello della sostituzione del ceto politico appunto, che viene individuato come lo strumento migliore per una catarsi della società, quando questa viene percepita come collocata alla fine di un ciclo storico qualificante.
In che senso si svilupperà la nostra società non è dato saperlo a nessuno.
Sarà più democratica ovvero gli spazi democratici si ridurranno in favore del prestigio, sociale ed economico, delle autentiche élite?
Certo è che la società subisce degli scossoni in momenti topici del proprio divenire storico e questi mutamenti sono possibili grazie a quel rapporto problematico fra popolo ed élite, che costituisce pur sempre il sale di ogni contesto sociale e di qualsiasi possibile dinamica di progresso e di sviluppo.