di Andrea Carpentieri
Dunque, Di Maio assume Assia (Assunta: nome prima ancora che participio passato) Montanino come proprio «segretario particolare». La ragazza di Pomigliano guadagnerà circa 72000 euro annui, anche se afferma che avrebbe diritto a due stipendi – in quanto capo della segreteria di due ministeri -; in più, parla di orari di lavoro totalmente illegittimi, di cui eventualmente risponderà il suo principale se e quando qualcuno in questo Paese ridicolo e narcotizzato deciderà di sollevare il capo dal cuscino.
Ho letto l’articolo del giornale di Sallusti, almeno nella versione online: a dirla tutta, non vi è traccia di sessismo, come invece sostiene qualcuno. Si raccontano i fatti, si parla di «amica», e non mi pare sia un’offesa (parla di «amichetta» Libero, e questa è già cosa diversa), si sottolinea come della giovanissima in questione nessuno ancora sappia nulla in termini di esperienze professionali e c.v. – al netto della laurea in Economia. E veniamo al punto, o ai punti. 1) Possibile attribuire un ruolo tanto (doppiamente, anzi) apicale senza presentare immediatamente alcun curriculum? Non sarebbe forse stato il caso di assegnare il doppio, ben retribuito incarico ad una persona di comprovabile e comprovata esperienza e, soprattutto, competenza? Vale anche qui il mantra del «lasciamola lavorare»? 2) Possibile che, dopo anni di bocche assatanate e bavose che urlavano «Merito! Competenza! Trasparenza!», nessuno dei componenti la banda di supporters plagiati abbia la dignità (senza decreto, per favore, altrimenti escon fuori manine e complotti) di dire che Di Maio l’ha combinata di nuovo grossa?
Per quell’incarico, per quello stipendio, chi avesse avuto una minima idea del significato reale della parola cambiamento, avrebbe indetto un avviso pubblico, pulito, trasparente. Punto. La ragazza sarà di certo preparata, competente, svolgerà al meglio i delicati compiti a lei assegnati, ma il nocciolo della questione non è questo: il nocciolo della questione è che, ancora una volta, il delirium tremens di cui è preda la nuova genia di potenti porta costoro a negare fino al midollo tutto ciò di cui avevano cianciato per anni, tutto ciò su cui soprattutto, in nome di una alterità sbriciolatasi in pochi mesi, avevano conquistato un consenso spaventoso. Che differenza possiamo ravvisare fra i “figli di…” o gli “amici di…” che c’erano prima e quelli che pare si stiano insediando adesso?
Nessuna, eppure chi prima parlava ad ogni piè sospinto, ed anche chi aveva promesso di fare ammenda in caso di scivoloni e contraddizioni, tace: spero vivamente che ciò accada più per pudore che per accecamento. Un altro aspetto inquietante dell’assunzione dell’Assunta di Pomigliano è poi la reazione del Ministro di Pomigliano («questo è l’ombelico del mondooooo») all’articolo de Il Giornale. Ripeto che ne ho letto la versione online, quindi non so se essa diverga da quanto scritto su carta, nel qual caso ovviamente questa riflessione è da ritenersi mai scritta. Perché parlare di «spazzatura» e lasciarsi andare ad un indignato «Vergognatevi»?
L’indignazione e l’invito a vergognarsi fino a poco fa non erano rivolti a coloro che gestivano la res publica come se fosse privata? E in questo caso, di cosa altro parliamo, nella sostanza? Ha dimenticato, Di Maio, i toni allusivi, quando non scopertamente infamanti nella loro aggressività, dei giornali amici, della pagina di Travaglio, dei vari blog grillini o filo-grillini o para-grillini o para-culi e basta? Bastava molto meno di una scelta arbitrari per scatenare le orde assassine dei portatori di bava alla bocca d’ordinanza in servizio permanente effettivo. Il Giornale riporta essenzialmente i fatti – nel caso del c.v. e di competenze certificate dell’Assunta, i fatti mancanti e mancati -, sottolineando come un certo tipo di carriera fulminea e fulminante lasci a dir poco perplessi. Questa sarebbe la «spazzatura»? Purtroppo, quando si arriva al potere e ci si comporta come quelli che da dieci anni si criticano e si ricoprono di insulti, è normale che gli avversari si scatenino. È la politica, Di Maio.