Se questo è un italiano

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di Andrea Carpentieri

 Da giorni circola l’immagine di un bimbo che, in una scuola di Lodi, è costretto, come altri bimbi, a mangiare stando segregato in una stanza a parte rispetto alla mensa, e ciò a causa di decisioni squallide, vergognose, infami, prese dal sindaco (una donna, per la precisione, ma la questione è irrilevante) della cittadina.

Ho letto parole giuste e condivisibili di sdegno, di ferma condanna nei confronti del sindaco, accompagnate da non meno giuste, non meno condivisibili parole di umana comprensione, di civiltà doverosa spese nei confronti del bimbo, dei bimbi oggetto di discriminazione.

Tutto è partito da un servizio mandato in onda dalla trasmissione PiazzaPulita, e di quel servizio, in verità, appena l’ho visto mi ha colpito anche altro, forse in modo ancora più violento: mi hanno colpito le parole, e l’espressione del viso che le accompagnava, pronunciate dall’uomo che vedete in questo fermo immagine.

<<Parassitano sugli italiani, sono come le zecche dei cani>>: questo ha detto, costui, parlando degli immigrati.

A me tutto sommato non fa meraviglia né stupore la decisione assunta dal sindaco di Lodi: parliamo di politicanti che ormai hanno capito in quale direzione soffi il vento, hanno capito che seguire l’esempio del duro e puro Salvini paga dividendi importanti in termini di consenso elettorale, e quindi si regolano di conseguenza, quasi fosse un gioco, o una gara, a chi si mostra più inumano, più bestia, più merda.

Ciò che davvero mi ha lasciato basito è stato l’odio rabbioso con cui il signore in questione ha parlato di <<zecche dei cani>>. Posso capire il bisogno di sicurezza, posso capire anche il fatto che qualcuno (o tanti) si lasci(no) manipolare da una propaganda che parla della minaccia immigrati senza che ciò corrisponda minimamente a realtà: d’altronde, il sindaco che insegue il consenso non avrebbe fatto determinate scelte se non avesse saputo di incontrare il sostegno ed il favore di gente con determinate idee.

Però questo odio no, l’odio infame di chi parla di esseri umani assimilandoli a zecche è qualcosa cui non ero e non sono pronto, qualcosa a cui non dovremmo mai abituarci, qualcosa a cui bisogna provare a porre un argine democratico e di civiltà, proponendo un nuovo modello di mondo, di società, di Italia, un modello che delinei un Paese che non abbia paura dell’altro, non lo odi, non lo ghettizzi, in particolar modo se l’altro è un debole, un ultimo, se l’altro ha bisogno di aiuto. Chi in campagna elettorale girava armato di Vangelo e Corona del Rosario dovrebbe essere il primo a vergognarsi di ciò che sta creando.

E poi, due altre riflessioni veloci.

1) Non integrare, discriminare, umiliare bambini oggi è il modo migliore per trovarsi in casa, domani, giovani carichi di risentimento e rancore, potenziale terreno fertile per il terrorismo islamico (la Francia non vi ha insegnato nulla, capre maledette?)

2) Questa gente che parla di zecche, e mi rivolgo ai salviniani delle mie parti, fino a poco tempo fa parlava così di noi meridionali: ma davvero siete tanto imbecilli da pensare che abbiano cambiato idea? Cioè, un attimo, da meridionali, terroni, quelli che puzzano facendo scappare anche i cani, sostenete Salvini: forse lo siete, tanto imbecilli. Peggio per voi.

 

Andrea Carpentieri è dottore di ricerca in filologia classica, ed ha al suo attivo diverse pubblicazioni nell'ambito degli studi di letteratura latina. Ex agonista nel karate, ha avuto la fortuna di vincere trofei e medaglie nazionali ed internazionali nella specialità del kumite (combattimento). Che si tratti di letteratura, lingue vive o morte o arti marziali, ogni giorno prova ad insegnare, cercando però, soprattutto, di continuare ad imparare.