di Maria Rusolo
Quanto sta accadendo in Città in queste ore forse una riflessione politica la merita, eppure sempre di più gli interlocutori deputati ad alimentare il battito politico, con coscienza e buon senso, sono troppo presi dai segnali che intendono lanciare in vista dei prossimi appuntamenti elettorali.
Non c’è nulla che assomigli ad una riflessione sensata e che ponga al centro della attenzione la comunità ed i suoi cittadini, anche la mozione di sfiducia alla luce di quanto accaduto nella giornata di sabato in Consiglio Comunale restituisce l’immagine di una classe dirigente che ha non solo divorato tutto quello che c’era di buono in questa città, ma anche se stessa, senza un minimo di pietà e di compassione. Il potere logora chi non ce l’ha, avrebbe detto Andreotti, che di esercizio del potere era pratico, ma oggi almeno al cospetto di questo scenario noi ci sentiamo di dire che il potere logora anche chi ce l’ha, pensiero caro a Don Tonino Bello, ma lo vive come strumento per la realizzazione delle proprie personali ambizioni.
Il mondo si distingue in uomini capaci di imprese straordinarie, ed in altri capaci solo di distruggere tutto quello con cui vengono a contatto accecati dai tatticismi, e senza una strategia che guardi al presente in vista del Futuro. Il Pd Provinciale è identico a se stesso ormai da quasi un decennio, peccato che molti si avvedano di quanto accaduto in questi anni in città, e di quanto lontana sia la provincia dalle vicende di Avellino. Il filo rosso con gli iscritti e con i simpatizzanti, ma anche con gli amministratori si è completamente spezzato, a causa di comportamenti contrari ad ogni regola e ad ogni valore che avremmo dovuto incarnare.
La politica ha abbandonato la verità, ha alimentato e costruito piccole sacche di consenso, ed ha preferito i figli degeneri e dispettosi alla costruzione di una giovane e capace classe dirigente a cui affidare il compito di affermare negli organi della amministrazione i valori della competenza, della efficienza e del corretto esercizio del potere. La reazione degli elettori continua ad essere sottovalutata e non c’è da nessuna parte un barlume di speranza che faccia pensare sia possibile costruire uno spazio di progressismo serio, che liberi la comunità da questo pantano fetido in cui è caduta. Altrove, invece nel resto del Paese, la piazza si muove, gli uomini e le donne cercano di riprendere in mano il valore della protesta e di canalizzare la rabbia in qualcosa di utile per poter offrire un’alternativa allo sfascio, alla incapacità, alla violenza, all’imbarbarimento delle maggioranze che guidano il Governo.
Le piazze si muovono velocemente convinte che non esiste spazio per il Paese che non sia Europeo, ed è quello che dovrebbe accadere anche ad Avellino, lasciare da parte le scaramucce e pensare per una volta all’interesse generale. La fine di questa consiliatura deve essere atto immediato e necessario, ma presupposto, per una partenza che sia rivolta alla ricostruzione dell’anima della città. Occorre ristabilire le priorità che erano le stesse che avevamo posto al centro della nostra attenzione in Campagna elettorale, ma con serietà, e non per catturare un voto a destra e a manca.
Il voto deve tornare a premiare i migliori, gli uomini e le donne liberi, che hanno la voglia di porre al centro della attenzione questioni vitali ed essenziali per una realtà che voglia vivere e non limitarsi a sopravvivere, strisciando nel vago e nell’indefinito. Gli Avellinesi meritano delle risposte, e sono stanchi; meritano rispetto e lealtà; meritano cultura per tutti e non cofecchie un tanto al chilo; meritano applicazione di principi paritari ed abbandono definitivo di ogni politica clientelare; meritano che la Politica possa tornare ad essere qualcosa in cui credere, perché se uccidi la speranza non hai più possibilità di costruire nulla, e non ti restano che polvere e macerie nel palmo della mano.