di Alessandro D’Orazio
Il viaggio finora intrapreso sulle crescenti difficoltà di smaltimento dei rifiuti in Italia si scontra oggigiorno, sempre più diffusamente, con il nefasto ruolo operato da forme di criminalità emergenti nel settore ambientale. Le attività delle cosiddette “ecomafie” si sono ampliate a tal punto da ricomprendere una vasta gamma di sistemi illegali; dal semplice occultamento di scorie in luoghi spesso incontaminati (cave, boschi, fondali marini, ecc.), si è ben presto giunti a sofisticati metodi fraudolenti, tra cui la miscelazione di rifiuti pericolosi con materiali ritenuti innocui da rivendere o riutilizzare – ad esempio terre e rocce per riempimenti – sino all’esportazione di tali sedimenti in paesi in via di sviluppo, in cui non esistono ad oggi impianti di recupero adeguati.
Ad essere colpita dal fenomeno descritto è la penisola italiana intera. Tradizionalmente il Sud è stato identificato come territorio dove la maggior parte di questi rifiuti viene illecitamente smaltita, in particolare lungo le due rotte marittime: quella adriatica e quella tirrenica, oppure nelle regioni di Puglia, Campania e Calabria.
Tuttavia è bene evidenziare che anche nel Nord Italia, in più casi, sia stato accertato l’occultamento di fanghi tossici, come fertilizzanti in campi coltivati, oltre al ruolo rivestito da questa area quale crocevia di traffici internazionali di rifiuti, provenienti da paesi europei e destinati agli Stati di Nigeria, Mozambico, Somalia e Romania.
La gran parte dei reati commessi nelle differenti fasi della filiera del ciclo dei rifiuti, dalla produzione al definitivo smaltimento, ha permesso di individuare un sistema generalizzato di inadempimenti, spesso consistente in finte trasformazioni, trattamenti inadeguati dei liquami o alla messa in atto di vere e proprie bancarotte fraudolente degli impianti di trasformazione, con il conseguente abbandono sul posto di materiali di scarto nocivi.
Fortunatamente in risposta ai fenomeni dissimulatori descritti è stato lo stesso legislatore ad intervenire attraverso l’introduzione nel codice penale di alcuni specifici delitti contro l’ambiente; con la Legge n. 68/2015 si è assistito, infatti, alla formulazione dei cosiddetti “ecoreati”, fino a quel momento di natura contravvenzionale: l’inquinamento ambientale, il disastro ambientale, il traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, l’impedimento del controllo e l’omessa bonifica. Inoltre si è proceduto alla introduzione di una serie di provvedimenti inerenti la prescrizione, l’obbligo di ripristino dei luoghi contaminati e la confisca dei beni.
Nel corso del prossimo appuntamento la nostra inchiesta si concentrerà su uno dei possibili rimedi alla questione dello smaltimento dei rifiuti nel nostro Paese, e cioè il ricorso alle nuove tecnologie già in atto inmolti Paesi occidentali.