di Mariapia Brunelleso
La Convenzione ONU del 2006 è stata ratificata in Italia con la Legge 3 marzo del 2009 n.18, ai sensi della quale è stato emanato il nuovo Programma di azione biennale per la promozione dei diritti delle persone con disabilita’, adottato con decreto del Presidente della Repubblica e pubblicato sulla G.U. il 12 dicembre 2017. Tuttavia, è cronaca di questi giorni l’ennesima, mancata occasione per dare seguito ed attuazione ad un cammino tracciato nel solco di una piena integrazione delle persone con disabilita’, a partire dall’infanzia e quindi, dall’ambiente scolastico che il bambino vive come una, se non la prima, forma di esperienza extrafamiliare.
Quelli che il Movimento pentastellato definisce eufemisticamente “razionalizzazioni”, sono, a tutti gli effetti, dei veri e propri tagli, in riferimento a quella parte dell’utenza scolastica più vulnerabile, fatta di bambini con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) o con bisogni educativi speciali (BES) che necessitano di interventi sussidiari e di adeguate figure professionali, quali gli insegnanti di sostegno che ne progettano quotidianamente la piena integrazione.
La Legge di bilancio, approvata in tutta fretta al fine di evitare l’esercizio provvisorio, bruciando passaggi parlamentari fondamentali in uno stato democratico, prevede, per quel che riguarda la scuola primaria e secondaria, una riduzione delle risorse nel prossimo triennio, pari al 10%, vale a dire che si passerà da stanziamenti di 48,3 miliardi di euro, a 44,4 miliardi, come si evince dalle tabelle allegate alla stessa legge, con tagli che vanno ad incidere sui fondi per gli insegnanti di sostegno, in relazione ai progetti per l’integrazione scolastica per allievi con BES e DSA, per una cifra finale pari ad 1 miliardo e 300 milioni di euro. In Italia, la spesa stanziata per l’istruzione, pari al 3,9% del Pil, è già al di sotto di un punto percentuale rispetto alla media UE e quindi andrebbe aumentata e non ridotta.
Il “governo del cambiamento” ha rivelato la sua natura puramente demagogica sottolineando, al contrario, un cambiamento in forma involutiva, laddove va ad intaccare diritti fondamentali, come pietre miliari, sul cammino di una nazione che possa definirsi autenticamente civile.