di Gemma Delle Cave
Le opere del celebre pittore milanese Michelangelo Merisi, conosciuto di più con lo pseudonimo di Caravaggio, ritornano al museo di Capodimonte di Napoli per una mostra in onore degli anni trascorsi nel capoluogo partenopeo. Infatti, fu proprio nel 2004 che, nello stesso museo, con la rassegna dal titolo “Caravaggio. L’ultimo tempo” vennero esposti 23 capolavori dell’ultimo periodo di Caravaggio e 10 copie antiche di dipinti dispersi.
L’esposizione “Caravaggio Napoli”, con dipinti realizzati durante la sua permanenza a Napoli, parte il prossimo 12 aprile e si conclude il 12 giugno. È curata dal direttore del museo di Capodimonte Sylvain Bellenger e da Cristina Terzaghi, una profonda conoscitrice del pittore, il quale ha come pochi saputo cogliere l’intima essenza dell’essere umano in tutte le sue forme, luci e prospettive, in un modo rivoluzionario per l’epoca.
Caravaggio è vissuto a cavallo del XVI e del XVII secolo, subendo l’influenza della pittura veneta e del manierismo lombardo, che lo hanno formato durante la giovinezza. Questi due stili erano molto legati ancora ad una rappresentazione classicista dell’arte, mentre il barocco, che in quegli anni stava prendendo piede, voleva vedere nei dipinti fantasie e fronzoli sempre improntati a quelle gerarchie tipiche delle opere classiche. Tuttavia, al Merisi queste cose non andavano giù, perché non gli interessava chi dovesse stare al di sopra di qualcun altro nei suoi quadri, e nemmeno esasperare la realtà abbellendola fino all’inverosimile. Semplicemente voleva immortalare la concretezza della vita per come si presentava ai suoi occhi.
Si potrebbe dire quasi che Caravaggio fu un precursore del concetto di fotografia. Era capace di immortalare per sempre un attimo su una tela, e non solo sul piano dei sentimenti, ma anche fisico. Quello che si nota nei suoi quadri è proprio il fatto di percepire le profondità dei soggetti, dei perfetti contrasti di luce, un gioco di prospettive fatto alla regola d’arte, espressioni dei volti che rendono a pieno la rabbia o lo stupore. Non a caso, diede inizio ad un movimento che prese vita dal suo stesso pseudonimo, il caravaggismo, che caratterizzò l’Europa del XVII secolo.
La mostra, dunque, vuole porre risalto sul forte legame instauratosi tra la città di Napoli e il pittore lombardo, ed è per questo motivo che nel museo di Capodimonte i quadri saranno esposti tra le opere dei più celebri artisti della scuola partenopea. Purtroppo, non sarà possibile molto probabilmente ammirare nella reggia di Capodimonte le “Sette Opere di Misericordia”, custodite nella chiesa del Pio Monte della Misericordia a causa di un “no” secco dal Mibac ad uno spostamento di pochi km del quadro dalla chiesa al museo. La notizia non è stata bene accolta dai curatori della mostra e soprattutto dal sindaco De Magistris, che ha ribadito che la cultura deve essere accessibile a tutti e che i cittadini devono essere messi in condizioni di avvicinarsi alla bellezza. Per contro, il ministro dei Beni Culturali Bonisoli ha risposto insistendo su un problema tecnico legato al trasporto dalla chiesa al museo, e sul fatto che si potesse disporre di corse straordinarie dei mezzi pubblici per far spostare i visitatori agevolmente tra i due luoghi.
In ogni caso, altre opere di Caravaggio, ugualmente meravigliose, si potranno ammirare a Capodimonte, come le due “Flagellazioni”, il “Martirio di Sant’Orsola” da Palazzo Zevallos Stigliano, e tre in prestito ovvero “Salomè con la testa di Battista” dalla National Gallery di Londra, l’altra Salomè dal Palacio Real di Madrid e il “San Giovanni Battista” dalla Galleria Borghese di Roma.