di Rosario Pesce
È ovvio che il risultato elettorale della scorsa domenica ha restituito al Paese una condizione politica ancora più incerta di quella precedente al voto.
Il rovesciamento dei rapporti di forza fra Lega e M5S non può che creare ulteriori sollecitazioni al quadro esistente.
La maggiore forza della Lega non può che spingere il programma del Governo verso le richieste del partito del Carroccio, che non solo sono in contraddizione con quelle dell’alleato, ma devono trovare la necessaria conciliazione con le norme europee in materia di bilancio degli Stati che fanno parte dell’Unione.
E la difficoltà maggiore sarà evidente in fase di redazione della prossima manovra di riequilibrio finanziario, quando i conti dovranno essere riallineati con gli indirizzi europei, a meno che non si voglia andare incontro ad una sanzione da parte degli organismi comunitari.
Ed il PD?
Ha recuperato qualche punto rispetto all’esito delle elezioni del 2018, ma la strada è ancora molto lunga e deve essere percorsa in salita, visto che le distanze in termini numerici rispetto alla Destra sono molto rilevanti.
Ed, allora, è probabile il ritorno alle urne?
Crediamo di no, visto che né i vincitori, né i vinti hanno interesse a misurarsi di nuovo con il voto: la stessa Lega, che oggi ha un potere contrattuale altissimo, può condizionare l’azione del Governo in modo significativo e, quindi, potrebbe essere non interessata a tornare alle urne nel giro di pochi mesi.
Ci sarà, ancora, instabilità?
Crediamo, invero, che la legislatura possa durare a lungo, visto che il vero esame per tutte le forze è costituito dalle elezioni regionali della prossima primavera: solo dopo il 2020 si potrà capire se il Parlamento odierno è vicino allo scioglimento o meno.