di Alessandro D’Orazio
L’Italia non cresce. La situazione economica del nostro Paese è critica, secondo i dati Istat pubblicati di recente. La crescita del Pil acquisita per il 2019, cioè quella che arriverebbe nel caso in cui i restanti trimestri dell’anno si chiudessero senza variazioni, risulta essere nulla. Una crescita, dunque, dello 0% nelle stime (dati corretti per gli effetti di calendario e destagionalizzati) sia dal punto di vista congiunturale che tendenziale.
In particolare, in termini tendenziali si registra una lieve accelerazione, che tuttavia succede ad una crescita zero con Pil negativo dello 0,1%; dato che per l’Istat farebbe proseguire così la “fase di sostanziale stagnazione”, in considerazione del fatto che per il quinto trimestre consecutivo la variazione congiunturale si attesta intorno allo zero.
Tale variazione ha peraltro subito un arrotondamento per difetto: infatti rispetto al primo trimestre il Prodotto interno lordo guadagna circa 100 milioni. Una cifra che però non basta da sola a far scattare il segno più davanti al dato. Fin qui la prospettiva congiunturale, a livello tendenziale invece l’aggiustamento è stato, come detto, per eccesso sebbene si siano persi complessivamente circa 180 milioni.
Il dato sulla crescita zero nel secondo trimestre – a detta del capoeconomista di Confindustria Andrea Montanino – “non ci sorprende, sono molti mesi che vediamo l’economia italiana sostanzialmente ferma. Vediamo qualche piccolo segnale positivo che potrebbe ripercuotersi sull’andamento del Pil ma difficilmente nel 2019 andremo oltre la crescita zero che avevamo previsto o solo di qualche decimale”. E avverte ancora: “Anche se avessimo una seconda parte del 2019 più positiva ormai l’anno è compromesso”.
Va, infine, rilevato che la variazione congiunturale di cui si è detto deriverebbe da una diminuzione del valore aggiunto sia nel comparto dell’agricoltura, silvicoltura e pesca, sia in quello dell’industria, con un aumento tuttavia in quello dei servizi. Nello specifico, per quanto riguarda il lato della domanda, si registra un contributo ininfluente sia per la componente nazionale sia per quella estera; cosa che dovrebbe preoccupare gli italiani in termini di spesa e di investimenti, in considerazione soprattutto del fatto che secondo uno schema ormai abituale, l’economia del nostro Paese segue sempre a distanza quella del resto del Continente: quando l’Europa corre noi avanziamo più lentamente e quando frena noi rallentiamo di più, fino ad arretrare.