di Alessandro D’Orazio
Grandi applausi e critiche positive sono stati tributati al nuovo film “Panama Papers” (titolo originale “The Laundromat”) presentato nel corso della 76a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. La pellicola diretta da Steven Soderbergh e con la partecipazione di un cast stellare (Gary Oldman, Antonio Banderas, Sharon Stone, David Schwimmer, James Cromwell, Matthias Schoenaerts, Alex Pettyfer, Will Forte, Jeffrey Wright e l’intramontabile Meryl Streep) racconta dello scandalo del 2016 dei “Panama Papers” grazie al quale vennero scoperti diversi miliardi di dollari sapientemente occultati in migliaia di società offshore dallo studio legale Mossack Fonseca con sede proprio in centro America.
La vicenda fece particolarmente scalpore anche perché finì con l’investire nomi illustri, tra cui numerosi politici a livello internazionale, causando persino le dimissioni di alcuni Premier come quello islandese.
Il racconto di Sodebergh parte da un evento apparentemente estraneo allo scandalo: un incidente su un lago che vede una donna diventare vedova, senza che vi sia un adeguato risarcimento da parte dell’assicurazione. A cominciare da questa frode si arriverà man mano a scoperchiare un vero e proprio mondo fatto di segreti, truffe finanziarie, traffici illeciti e prestanomi. Il tutto è sapientemente narrato da Soderbergh attraverso un sistema di scatole cinesi, adottando peraltro uno stile narrativo speculare al caso che racconta: così come i consulenti della Mossack Fonseca facevano perdere le tracce dei loro traffici ammassando l’una dentro l’altra società vuote (le cd. “shells”), allo stesso modo il regista parte da tanti micro episodi, apparentemente sconnessi, che però finiranno tutti col concludersi in un unico luogo: il piccolo Stato di Panama.
È qui infatti che risiedono i due avvocati Jürgen Mossack e Ramón Fonseca (interpretati da Gary Oldman e Antonio Banderas), i quali spiegano dal loro punto di vista e con una grande dose di autoironia e divertimento l’intera vicenda, dall’inizio alla fine della pellicola.
La vera icona, però, risulta la grande Meryl Streep, che si spoglia del ruolo interpretato per trasformarsi in un vero e proprio simbolo americano in cui far convergere il messaggio socio-politico del film. Una sequenza quest’ultima in grado di farci apprezzare ancor di più l’incredibile Meryl, ma anche il film stesso. Insomma la proiezione appare molto di più che un semplice showcase di grandi attori, ma una pellicola dalla regia e scrittura talmente brillanti da riuscire a rendere divertente e piacevolissima, oltre che istruttiva, anche una storia di tal genere.