di Maria Rusolo
“Non c’è tirannia peggiore di quella esercitata all’ombra della legge e sotto il calore della giustizia.”
“Ho la sensazione che alla base di questa riforma ci sia uno scambio politico, per la serie ‘io ti do una cosa, tu me ne dai un’altra’, e un’esigenza di identità e di facciata, non l’interesse reale per il funzionamento della giustizia”. Le parole di Flick sintetizzano perfettamente quello che sta accadendo sul tema Giustizia nel nostro Paese. Un tema così delicato come quello dei diritti degli uomini che sono sottoposti ad un procedimento penale, non può rispondere alle logiche spartitorie della politica, ne in alcun modo può essere la risposta ottusa e populista al bisogno di manette e di carceri che sembra essere la ossessione di una certa parte della nostra società sin dai tempi di Mani Pulite.
Nessuno nega l’esistenza di problemi atavici che riguardano il sistema giudiziario, ma nulla hanno a che vedere con la prescrizione dei reati. Nessuno dice, tanto meno Bonafede, ma temo che sull’argomento sia scarsamente informato, che la prescrizione nella maggioranza dei casi si determina nella fase delle indagini preliminari, e che il fine processo mai, renderà tutto ancora più complesso di quanto non sia già normalmente. Sono decenni che nell’affrontare gli indagati o gli imputati, stampa ed opinione pubblica hanno l’atteggiamento del ” si butti la chiave”.
Eppure le battaglie fatte negli ultimi cinquant’anni hanno sempre avuto al centro della discussione innanzitutto il garantismo, per cui nessun colpevole in presenza anche di un sottile dubbio, perché è meglio un colpevole fuori che un innocente nelle Patrie Galere; ma soprattutto ci si è sempre concentrati sulla necessità di un giusto processo che veda accusa e difesa al cospetto di un giudice terzo, in una condizione di assoluta parità. In realtà i principi del Giusto Processo sono lontani dal realizzarsi in concreto, Se ci si ferma a pensare a quanto ad esempio siano lunghe le attività di indagine condotte dalle Procure, o all’abuso dello strumento della custodia cautelare in carcere, che invece dovrebbe essere la extrema ratio a cui ricorrere, o ancora alla fuga di notizia che consente di sbattere il mostro in prima pagina, prima che sia a tutti gli effetti formulata anche una imputazione vera e propria.
Ho ascoltato molti Procuratori della Repubblica in queste settimane e mi ha colpito l’atteggiamento di quelli che dovrebbero essere uomini dello Stato, attenti a verificare l’esistenza di elementi di colpevolezza in presenza di reati, ma anche elementi di non colpevolezza, trasformatisi tutti in cavalieri dalla scintillante armatura, il cui unico scopo è punire, sbattere dentro, chiudere le porte della vita di esseri umani, che hanno commesso degli errori, più o meno gravi, che hanno deviato rispetto alla legalità, ma che sono pur sempre uomini e donne, da punire ove colpevoli, ma non da perseguitare.
Ecco la Riforma di questa accozzaglia al governo ha il solo scopo di riproporre, in tempi diversi una sorta di Arena, con animali feroci, in cui gettare i presunti colpevoli, lasciando al popolo di decidere del loro destino. La separazione dei poteri è strumento di garanzia per il corretto funzionamento della Democrazia, che rimane a tutti gli effetti il migliore sistema di governo, ma che ha negli ultimi anni perso una decorosa e competente classe dirigente, capace di rappresentare gli interessi dei cittadini aldilà dei propri bassi istinti o dei propri interessi corporativi. Esistono diritti che fanno parte della costruzione umana che non vanno messi in discussione, perché la perdita degli stessi, apre la parte a forme strane di regimi ed all’arbitrio. Il marchio della perennità dei procedimenti penali trasforma il cittadino nella vittima di un giudizio che può durare anche tutta la vita.
L’estinzione per prescrizione, bisogna aggiungere, spesso arriva non per l’attività degli avvocati, cui pure si dà spesso la colpa, ma perché ci sono troppi tempi morti nel processo. Perché c’è un ‘armadio della memoria’ che viene a crearsi negli uffici giudiziari. Questo mi fa pensare che chi ha immaginato la riforma in un Tribunale non ha mai messo piede, e che chi la sostiene tra i magistrati ha forse frainteso quali siano le funzioni che competono alla categoria; non già punire a prescindere, ma agire perché la legalità nella sua complessità sia sempre più modello di riferimento per chi in una comunità vive e lavora.
Ed allora quali sono le soluzioni? Tanto per cominciare un nuovo sistema Giustizia che riconosca rispetto a tutti gli attori; un sistema fatto di strutture funzionanti, con risorse ed uomini, che lavorino in sinergia per debellare la devianza rispetto alla regole, ma che abbia come obiettivo quello di mantenere sempre un occhio umano anche sui “colpevoli”. A questo punto potrei offrire un suggerimento al Ministro, un Processo, come quello fatto a Gesù nel quale alla fine il popolo scelga chi salvare, così potrebbe calmare la voglia di sangue delle masse senza pensiero e senza cultura, che non hanno ben chiaro che quando tutto viene smantellato in tema di diritti, c’è poco da fare prima o poi può toccare a chiunque, ed in quel caso sarà davvero troppo tardi.
“Io dico che bisogna stare attenti a non confondere la politica con la giustizia penale. In questo modo, l’Italia, pretesa culladel diritto, rischia di diventarne la tomba.”