di Maria Rusolo
I ragazzi che si amano si baciano in piedi,
Contro le porte della notte,
E i passanti che passano li segnano a dito,
Ma i ragazzi che si amano,
Non ci sono per nessuno,
Ed è la loro ombra soltanto,
Che trema nella notte,
Stimolando la rabbia dei passanti,
La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia,
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno,
Essi sono altrove molto più lontano della notte,
Molto più in alto del giorno,
Nell’abbagliante splendore del loro primo amore.”
Mi sono sempre rispecchiata in queste parole che racchiudono tutto in pochi versi, perché la giovinezza non è solo e banalmente uno stato anagrafico, un tempo della nostra vita, una tappa della nostra esistenza è molto di più, di un piccolo punto blue nell’infinito scorrere degli eventi. E’ una condizione dell’anima, è un relazionarsi al mondo che ci circonda, alla sua banalità ed alla sua staticità.
La giovinezza è quasi sempre una reazione ad una realtà costituita, a ciò che altri hanno costruito e che con forza e speranza è possibile smantellare, perché l’orizzonte non sia un dato acquisito ma qualcosa da conquistare e da cambiare di volta in volta. I grandi cambiamenti del nostro tempo sono stati il frutto di questo tipo di azione, di questa forza emotiva, che solo i giovani posseggono, della capacità di agire anche non pensando alle conseguenze, agli effetti pratici, a quella luce che brilla in fondo all’anima e che incendia le stanze buie del potere.
Le piazze piene degli studenti negli anni Sessanta, o i giovani liceali che furono l’avanguardia del pensiero antifascista negli anni più bui della storia del nostro Paese, non sono stati solo un momento, sono stati la risorsa vitale che ha spinto e determinato i cambiamenti, che hanno condotto più generazioni a vivere nella pace e nel benessere. I movimenti per i diritti civili negli Stati Uniti, i giovani della Primavera di Praga, o Piazza Tienamen, come possiamo metterli in una scatola e far finta che non esistano, non possiamo e non dobbiamo, eppure a questi ragazzi abbiamo tolto moltissimo negli ultimi decenni. Ci siamo concentrati più sullo sviluppo economico e sullo sfruttamento dell’ambiente, sugli utili e sul profitto, rinnegando ogni possibilità di crescita sociale e di evoluzione culturale.
Abbiamo detto loro che sarebbero diventati parte integrante del processo di cambiamento, ma poi li abbiamo chiusi in classi pollaio, senza speranza, appiattendo ogni loro volontà di rivoluzionare e di migliorare quello che li circondava. Abbiamo scritto grandi proclami sui giovani, sulla bellezza, sulle future generazioni ad ogni campagna elettorale, dimenticandoci con coscienza e volontà che riceveranno debito pubblico ed una terra sempre meno accogliente e florida, sempre più ricca di fossili e clientele, e con buchi neri pronti ad assorbire ogni energia e risorsa di reazione.
Abbiamo detto loro che bisogna vivere e studiare, ma senza spiegare loro che poi dovranno accettare lavori sottopagati e che si dovranno piegare alla logica dell’assistenzialismo piuttosto che ricercare il merito. Ora li demonizziamo anche, li definiamo irresponsabili, ” bamboccioni”, incapaci di fare quello che hanno fatto i propri genitori, li deridiamo, li usiamo per qualche spot, ma poi non ce ne occupiamo seriamente. La scuola, la cultura, gli spazi di aggregazione, l’occupazione, la mobilità sociale, la cura del malessere giovani, sono scomparsi dalle agende politiche del nostro Paese e la condizione attuale ha solo peggiorato le cose. I giovani fanno branco, ma sono pieni di rabbia e solitudine e non sanno più che cosa sia la leadership e la speranza, resi cinici dai grandi vecchi che detengono le sorti del potere nelle mani, vivono alla giornata senza più l’orizzonte a fare da guida, si ammassano perché non sanno più cosa sia vivere lo spazio, si chiudono perché non sanno cosa sia il tempo, vivono in un eterno presente, soffocati dalla assenza di una prospettiva. E’ questa la vera emergenza che nessuno vuole affrontare con la solidità del pensiero e con il coraggio di rinunciare anche al frivolo e momentaneo successo.
A questi ragazzi noi dobbiamo molto di più di un messaggio equivoco, dobbiamo più di un banale discorso elettorale, dobbiamo dare loro gli strumenti in mano, perché siano loro a riprendere il cammino e siano loro a dare le indicazioni agli adulti, li possiamo accompagnare, ma non possiamo più usarli e sfruttarli. “È la febbre della gioventù che mantiene il resto del mondo alla temperatura normale. Quando la gioventù si raffredda, il resto del mondo batte i denti.”
E vorrei ricordare questa frase di Papa Francesco : A voi giovani […]: abbiate sempre gli occhi rivolti al futuro. Siate terreno fertile in cammino con l’umanità, siate rinnovamento nella cultura, nella società e nella Chiesa. Ci vuole coraggio, umiltà e ascolto per dare espressione al rinnovamento.