di Rosario Pesce
Ancora oggi, molti cittadini non sanno che, il prossimo mese di settembre, quando andranno a votare, riceveranno anche la scheda del quesito referendario, per cui dovranno decidere se mantenere in vita l’odierno numero di parlamentari o ridurlo drasticamente, dando così conferma alla legge approvata su forte spinta del M5S.
L’esito appare scontato: ormai, il vento di antipolitica è così forte che gli Italiani, forse, sono orientati a tagliare un numero finanche maggiore di deputati e senatori rispetto a quello previsto dalla norma oggetto del quesito referendario.
Ma, prima di ridurre gli spazi di democrazia bisogna ragionare e non lasciarsi prendere da un sentimento che rischia, altrimenti, di gettare fango sulle nostre istituzioni.
Il taglio dei parlamentari non determina un risparmio così rilevante per le casse dello Stato, a fronte invece di un taglio della rappresentanza che va a carico, in particolare, delle aree meridionali.
Peraltro, il clima odierno, frutto di decenni di invettive contro il mondo della politica e dei suoi rappresentanti, non aiuta il dibattito.
Barattare un margine di democrazia con qualche risorsa in più è un’operazione pericolosa, perché alla luce del medesimo principio si potrebbe, in futuro, giustificare finanche la chiusura del Parlamento o delle Assisi locali.
Ed, allora, si può mandare in soffitta la Costituzione per alimentare ancora di più l’odio fra Italiani?
Noi crediamo che sia opportuno impedire un simile esito, ma solo la pubblica opinione potrà decidere se continuare a percorrere un iter che rischia di portare il Paese intero su sentieri assai impervi e pericolosi.