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di Fabio Avallone
Siamo arrivati a pochi giorni dal Referendum Costituzionale sul taglio dei parlamentari.
La sforbiciata, voluta fortemente soprattutto dai 5 stelle, prevede, lo ricordiamo, che i deputati passino da 630 a 400, mentre i senatori da 315 a 200.
Non c’è altro. Non ci sono cambiamenti nel funzionamento delle due Camere. Non ci sono modifiche all’architettura costituzionale del Paese, solo un taglio, netto, di oltre il 36% dei parlamentari.
Si tratta, evidentemente, di una modifica introdotta sull’onda di quello che potremmo chiamare il movimento anticasta che, da anni, indica in “chi comanda” il vero problema dell’Italia.
In questa retorica, tanto potente quanto vuota, i parlamentari sono individuati come parassiti attaccati alla poltrona, intenti a godersi i propri privilegi, le scorte, le auto blu, etc. etc. La semplificazione è, ovviamente, inaccettabile.
Il Parlamento così com’è è una conquista di libertà, nato insieme alla Repubblica Italiana dopo gli anni bui della dittatura fascista. Al Parlamento è attribuito, dalla Costituzione, il compito di legiferare, di dare (o togliere) la fiducia al Governo, di eleggere (in composizione allargata) il Presidente della Repubblica.
Queste funzioni vengono svolte dai singoli parlamentari, liberamente. Nessuno può imporre ad un deputato o ad un senatore cosa o per chi votare in aula, così come nessuno può imporre ai cittadini per quale partito o candidato votare.
È il
meccanismo della rappresentanza, tipico della nostra democrazia, nella quale i cittadini delegano ad un numero ristretto di persone il compito, altissimo, di determinare il futuro del Paese proprio attraverso la carica elettiva.
Inutile dirlo, a partire dagli anni ’80, ma il meccanismo era in atto già precedentemente, il rapporto tra elettori ed eletti si è andato via via incrinando sempre più.
Non a caso il Parlamento è oramai stabilmente ultimo nella classifica della fiducia che i cittadini ripongono nelle istituzioni.
Potremmo discutere per ore sulle motivazioni e sulle ragioni storiche, sociali e politiche per cui ciò è avvenuto, ma ci perderemmo in una discussione che, seppur importante, merita ben altra sede di elaborazione.
Qui ci fermiamo al dato di fatto: i cittadini si fidano poco o nulla dei politici.
Su questo dato, alcune forze politiche hanno deciso di basare la propria ricerca del consenso.
Hanno buttato, come si dice a Napoli, il bambino con l’acqua sporca.
Anziché individuare i casi di spreco o di malaffare, hanno costantemente delegittimato le istituzioni. Anche una volta eletti, costoro hanno continuato in questa operazione, da una parte facendo sedere sugli scranni parlamentari una classe politica incompetente, dall’altra non adoperandosi per correggere i malfunzionamenti della nostra Repubblica.
Si sono opposti, ad esempio, alla modifica del cosiddetto bicameralismo paritario, che prevede che Camera e Senato abbiano le stesse funzioni.
Hanno preferito, in maniera semplicistica, puntare sulla riduzione del numero dei parlamentari, così da poter dire “abbiamo tagliato le poltrone, visto come siamo bravi?”.
Ma è un obiettivo che possiamo condividere e del quale potremmo davvero beneficiare?
Io dico di NO.
A beneficiare di questa riduzione saranno soltanto le segreterie dei partiti. Meno parlamentari significa meno teste pensanti libere, meno idee, meno obiezioni, meno intelligenza, meno onestà.
Già ora, con la complicità di una legge elettorale inadeguata, i partiti sono in grado di nominare quasi tutti i Parlamentari. Tra collegi sicuri e listini proporzionali bloccati, lo abbiamo visto alle ultime elezioni, è possibile conoscere in anticipo il 70% degli eletti.
Rimaneva un 30% a sfuggire alla predeterminazione. Con questa riforma arriveremo alla nomina quasi integrale dei Parlamentari.
Sono gli stessi promotori del taglio a dire che dopo servirà una nuova legge elettorale e che serviranno nuove riforme costituzionali.
Loro utilizzano il futuro, ma sarebbe più corretto utilizzare il condizionale. Perché una volta operato il taglio, queste riforme che servirebbero non si faranno mai, visto che limiterebbero il potere delle segreterie dei partiti.
Se fossero in buona fede, avrebbero votato una riforma costituzionale complessiva.
Invece tagliano la rappresentanza subito, dicendo che le riforme le faranno poi.
Dicono che bisogna ridurre i parlamentari per risparmiare, ma il risparmio generato da questo taglio è ridicolo.
Proprio perché non si tratta di una riforma, ma di un taglio lineare, non cambierebbe di una virgola il costoso mantenimento di due Camere che hanno le stesse funzioni. I cittadini italiani spenderanno un euro all’anno in meno, per avere una Camera ed un Senato più compiacenti nei confronti di chi li ha nominati, meno competenti e meno liberi.
Non a caso non esiste, nella storia delle democrazie, una sola nazione che abbia ridotto il numero di parlamentari senza riformare il funzionamento degli organi costituzionali.
Chi vuole tagliare il numero dei parlamentari ha in testa un modello meno democratico, meno libero di quello, pur imperfetto che abbiamo.
Non a caso parlano di vincolo di mandato (che imporrebbe a deputati e senatori di votare come hanno deciso le segreterie dei partiti e che la Costituzione vieta espressamente) o, come ha fatto Grillo di recente, vaneggiano di dittature più efficienti della nostra democrazia.
A loro rispose un grande Presidente, partigiano e combattente. Sandro Pertini, in proposito, disse: “Le democrazie a menti superficiali possono apparire disordinate; le dittature invece appaiono ordinate; nessuna protesta, nessun clamore da esse si leva: ma è l’ordine delle galere, il silenzio dei cimiteri. No, alla più perfetta delle dittature io preferirò sempre la più imperfetta delle democrazie.”
Per tutte queste ragioni credo che gli italiani debbano dare una enorme lezione a chi cavalca la tigre dell’antipolitica. Non vogliamo meno democrazia, ma una democrazia più efficiente. Non vogliamo tagli, ma riforme. Non vogliamo un Parlamento fatto di Brambilla e Sgarbi (candidati in collegi super sicuri e che in Parlamento non vanno mai), ma una classe dirigente competente e libera.
Votando NO è questo il messaggio che si lancia: non si compra la libertà di un Paese con un euro all’anno.