di Annamaria Barbieri
Esiste un tempo dove passato e presente coesistono: la terza età. Un mondo fatto di esperienze e storia da raccontare e da cui imparare. Anziani relegati in un angolo, passati di moda, non utili per l’economia.
Questo troppo spesso il mondo pensa di loro e la realtà ne è la conferma. Rallentare il proprio tempo per immergersi nel passato, per condividerlo con una persona anziana, ha un significato inestimabile, arricchente. Valorizzare il loro passato significa investire nella comprensione del presente e nella costruzione del futuro. Non esiste futuro senza finestre aperte sul passato. A scuola studiamo la storia leggendola, ascoltando spiegazioni, guardando video, film e ricorrendo ai metodi più creativi, ma la testimonianza dalla bocca di chi l’ultimo secolo l’ha vissuto non ha un valore diverso?
Il confronto diretto con chi ha partecipato o ha assistito alle innovazioni, alla storia, alla politica, ai cambiamenti sociali non ha forse un impatto più forte sulle nuove generazioni? Il carico emotivo che la narrazione comporta tanto per chi racconta quanto per chi ascolta non è un modo efficace per diventare più presenti a sé stessi?
E coinvolgere e valorizzare tutto ciò non significherebbe prendersi cura di una generazione a cui tanto dovremmo riconoscere e che invece viene troppo spessa calpestata? Non ci aiuterebbe a decentrarci ed a educarci al rispetto dell’altro?
Tante domande mi pongo, ma tante risposte mi arrivano dall’osservazione di una società che evidentemente non è in grado di riconoscere e ricorrere alle risorse che la società stessa ha in sé, creando divari e fratture che hanno dei costi in termini etici, economici e sociali. In effetti questa è, a mio vedere, l’età della speranza perchè è riuscita a resistere per decenni e può quindi insegnare a tutti noi che oltre il dolore c’è l’amore, oltre la difficoltà c’è la soluzione, oltre il fallimento c’è il successo, oltre la morte c’è la memoria.
Annamaria Barbieri, pedagogista