di Rosario Pesce
Gli eventi drammatici di queste ultime settimane riportano all’attualità le riflessioni di Foucault intorno alla biopolitica ed alla gestione da parte dello Stato della vita sociale dei suoi cittadini a partire dall’amministrazione delle istanze sanitarie del loro corpo.
Non è un caso che la dichiarazione dello stato di emergenza, che consegue ad una pandemia come quella che stiamo vivendo, di fatto introduce delle deroghe – indispensabili e necessarie per la tutela della salute pubblica – al regolare scorrimento della vita democratica ed al principio stesso di legalità, su cui si costruisce ogni moderno Stato di diritto, edificato secondo i dettami della più avanzata dottrina kelseniana.
La vita dei cittadini, quindi, si sottrae alla loro liberale potestà e viene rimessa – per intero – nelle mani dello Stato, che si sostituisce a loro nel decretare come vada gestito ogni particolare delle relazioni – pubbliche e private – al fine di evitare o di ridimensionare, comunque, la diffusione del contagio.
Finanche dopo la morte del contagiato, il cadavere rimane nella potestà dello Stato, che lo sottrae ai familiari ed ai congiunti perché lo stesso potrebbe essere, ancora, strumento involontario di diffusione del morbo.
È questa una dinamica necessaria ed opportuna, per ovvie motivazioni di natura sanitaria, che rimette al centro il potere monocratico dell’autorità statuale e che marginalizza ogni istanza liberale: lo stato di necessità prevale su quello illuministico delle libertà individuali e civili e, quindi, di fatto sospende ciò che – invece – trarrebbe riscontro nell’ordinarietà di un momento storico non emergenziale.
La gestione del corpo, quindi, diviene il fatto essenziale della vita statuale, sia quella del corpo afflitto dal morbo (che si consegna all’autorità sanitaria) che quella del corpo sano, che diviene oggetto di attenzione da parte dello Stato in una logica evidente di prevenzione della diffusione del morbo.
Ma, fino a quando dura la sospensione della vita ordinaria e, quindi, permane l’attivazione di uno stato di eccezione?
Ovviamente, fino alla completa eradicazione del morbo dal corpo della società.
Ed, inoltre, il ripristino della ordinaria vita di relazioni, sociali e politiche, come procede dopo un tale evento?
Quali sono i suoi tempi?
Quali le sue modalità?
Sono, questi, interrogativi a cui la storia moderna ha già risposto, ma ora andranno verificate le risposte che è in grado di dare il nuovo millennio ad eventi, che ciclicamente tornano nella vita degli uomini e delle società, quando le stesse vengono a trovarsi alla fine di un loro ciclo vitale e, quindi, agli inizi di un nuovo tratto della propria storia.