di Alfredo Carosella
Leggendo la lista dei ministri del neonato governo Draghi, a molti sarà venuto in mente il cosiddetto “Manuale Cencelli”, cioè quel metodo di spartizione di ruoli politici e governativi, che tiene conto del peso elettorale dei vari partiti ed è in voga dal 1967. In quell’anno Massimiliano Cencelli era un funzionario della Democrazia Cristiana e nacque una corrente di “pontieri” che doveva unire la maggioranza alla sinistra. I pontieri sono chiaramente dei costruttori e già possiamo intravedere le forti analogie tra il 1967 e i giorni nostri.
Cencelli propose di distribuire gli incarichi come in un consiglio di amministrazione della società, in base al numero di azioni possedute, che in campo politico sono il numero di tessere di partito. Tra le sue “preziose” indicazioni c’era anche quella che prevedeva il ruolo di Ministro degli Esteri per il Presidente del Consiglio uscente. L’onorevole Di Maio era vicepresidente del Consiglio e, quindi, possiamo affermare di essere in linea con quanto si usava fare cinquanta anni fa. Lo stesso Cencelli ha riconosciuto che Draghi abbia usato il suo metodo, in un’intervista rilasciata a AdnKronos dopo la lettura della lista dei Ministri: quattro ai Cinque Stelle, tre a testa per Pd, Lega e Forza Italia, uno ciascuno a Italia Viva e Leu e sembra proprio di essere tornati alla Prima Repubblica.
Sappiamo tutti che la formazione di un Governo con ampi consensi nelle Camere era indispensabile e urgente. Lo ha spiegato in modo limpido e inequivocabile il Presidente Mattarella, lo stesso che nel 1993 cambiò la legge elettorale (in seguito al referendum del 18 aprile) introducendo un sistema prevalentemente maggioritario, che Giovanni Sartori soprannominò Mattarellum.
In ogni caso, possiamo solo sperare che il nuovo governo lavori presto e bene per l’interesse del Paese. Spendere i 209 miliardi di euro che arriveranno con il Recovery Fund non sarà semplice, basti pensare a cosa è accaduto in passato con l’arrivo di fondi straordinari per le ricostruzioni post terremoto, per i Mondiali di Calcio e per le miriadi di opere incompiute o realizzate dopo decenni di sperperi.
Quando nel maggio 2020 è stato lanciato il cosiddetto Superbonus per l’efficientamento energetico e il miglioramento sismico dei fabbricati, sembrava di trovarsi davanti a una svolta epocale: l’obbiettivo era quello di rilanciare l’edilizia, vero grande volano dell’economia italiana, con interventi più che condivisibili. Però ci sono voluti due mesi per avere la conversione in legge del Decreto e per le istruzioni operative; una serie di chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate (l’ultima guida pratica è uscita pochi giorni fa); il vademecum dell’Ordine dei Commercialisti, datato novembre 2020. Insomma: mesi di istruzioni e chiarimenti che hanno finito di ingessare un settore già fermo. Così i primi cantieri sono partiti dopo sei mesi, senza contare il problema più grande: la quantità di abusi edilizi e difformità che rendono impraticabili, soprattutto in alcune zone del Sud Italia, ai sensi dell’art. 4 del DM 41 del 1998, gli interventi del superbonus con la cessione del credito. Certo, non è colpa dell’estensore della legge, se in alcune aree del Paese è tanto diffuso l’abusivismo edilizio.
Guardiamo anche cosa sta accadendo con la campagna vaccinale, un’altra grande scommessa dalla quale dipende la vita dei cittadini. Apprendere che ci siano già tanti indagati tra i “furbetti del vaccino”, fa pensare alla scena del film Titanic nella quale alcuni uomini adulti fanno di tutto per raggiungere le scialuppe di salvataggio a discapito di donne e bambini.
La domanda più delicata è: i miliardi del Recovery Fund, potranno modificare la mentalità furba e arrogante, quando non delinquenziale, di una parte della popolazione? Dipende anche da come verranno spesi quei soldi e pare che alla scuola e alla ricerca vadano ventotto miliardi di euro. È da lì che bisogna ripartire, non c’è dubbio.
Buona fortuna, Italia.