di Christian Sanna
Per Platone lo Stato Ideale è una città utopica fondata sulla giustizia e se in Socrate è evidente l’esigenza di una continua ricerca della verità, il suo allievo amplia il discorso, puntando sulla conoscenza universale e bocciando la politica del tempo, accusata di considerare solo l’esteriore e l’effimero nell’uomo e di non saper entrare nel suo mondo interiore. Tuttavia, non è necessario educare tutto il popolo a questa capacità analitica e penetrativa, ma è sufficente preparare una classe di governanti, capaci di attuare questa “sensibilità”, una volta giunti al potere.
Fatta la fugace e spicciola premessa filosofica, una domanda sorge spontanea: “Quanti fra i politici leggono o hanno letto Platone, Socrate, Plutarco?”, ma dal dettaglio voglio spostarmi all’ingrosso e fare una domanda più generica “Quanti fra i politici leggono o hanno letto di politica?”. Premesso che non basta leggere i libri, perchè un testo può essere letto o divorato, ma soprattutto va compreso e metabolizzato e premesso che in questa società c’è un dramma colpevolmente sottovalutato che è quello dell’analfabetismo funzionale, premesso un bel pò di premesse che sono quasi sempre la fuga in avanti di un nocciolo della questione che segue a ruota, il problema della politica è essenzialmente uno: l’inadeguatezza di molti politici. Quella totale assenza di empatia, la sensazione di distacco dai problemi reali che trasmettono attraverso un linguaggio talvolta superficiale e ripetitivo, l’incapacità di avere una visione di futuro, la mancanza di cultura. Attenzione, non ho parlato del curriculum vitae!
Quello è spesso pieno di titoli ed esperienze, incarichi anche prestigiosi, ma non è indice di una certa solidità culturale. Mi riferisco a quel che sosteneva Antonio Gramsci (uno che qualcosina di politica capiva, non siete d’accordo?) ” Cultura non è possedere un magazzino ben fornito di notizie, ma è la capacità che la nostra mente ha di comprendere la vita, il posto che vi teniamo, i nostri rapporti con gli altri uomini. Ha cultura chi ha coscienza di sé e del tutto, chi sente la relazione con tutti gli altri esseri”.
La politica è una cosa seria, troppo importante per la vita del cittadino e deve farla chi è all’altezza di una responsabilità così grande. Bisogna scegliere i migliori, quelli che si distinguono per etica, empatia, capacità di avere una visione ampia, competenza, cultura, sensibilità, praticità, buon senso, voglia di risolvere i problemi andando oltre certi individualismi. Quella che si basa sui personalismi, piccoli dispettucci, risentimenti è una politica dopata di vuoto, ferma allo slogan e alle frasi alla pancia. Dove volete che vada una politica del genere? Destinata ad essere derisa, svilita, mal digerita. Ci rendiamo conto che molti di noi non sono nè ambiziosi nè orgogliosi?
Sembra che ci si accontenti delle briciole, giustificandosi con l’alibi del “male minore”. Insomma, qui non si punta mai in alto scegliendo l’eccellenza, tanto è più facile virare verso il meno peggio e forse un motivo c’è: manca il coraggio di lottare per le proprie idee, forse manca la voglia. Sembra esserci indifferenza a tutto! Gramsci odiava gli indifferenti “Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti”. Giorgio Gaber cantava “Libertà è partecipazione”, riassumendo in musica il pensiero di Rousseau.
Serve sviluppare la coscienza politica, al momento è ancora troppo immatura, ma non c’è più molto tempo, l’abbiamo sprecato tutte le volte che non abbiamo letto i libri e compreso pienamente i messaggi, votando con superficialità chi faceva le promesse più assurde, accettando passivamente ogni cosa come se l’argomento non ci riguardasse. A volte mi diverto a fare un gioco stupido: quando sono a casa mi capita anche di guardare il telegiornale ( di solito leggo qualche giornale, estero) e quando c’è l’intervista ad un politico ( non mi interessa che sia di destra o di sinistra, l’intelligenza e le capacità quando ci sono, non hanno colore ma sono universali, perchè ne godiamo tutti) afferro il telecomando e abbasso l’audio; dal labiale riesco a ” sentire” la solita canzone imparata a memoria, monocorde, quindi priva di slancio alcuno senza un briciolo di proposta o meglio ancora di soluzione ai problemi. Una noiosa ed inelegante tiritera dove si parla male degli altri: quello non ha fatto, quell’altro non ha detto, quell’altro ancora ha preso solo in giro gli italiani.
Ma basta, non se ne può più! I politici dimostrino di essere all’altezza del compito che i cittadini gli hanno affidato dandogli fiducia. E leggano Platone, attentamente. Dimostrino quella maturità che è rivelatrice di intelligenza e di buon senso: chi non si sente all’altezza e non ha il coraggio di lottare per le proprie idee, si dimetta! Fare politica a tutti i costi o comunque stare sempre in mezzo non l’ha prescritto il medico, non è una ricetta per migliorare le condizioni di salute. Ripeto: la politica è una cosa maledettamente seria. E aggiungo, non si trasmette per ereditarietà: non è possibile che ci siano famiglie dove il bisnonno ed il nonno erano politici, il padre ed il figlio pure, il nipote, scommettiamo? Possibile che nelle famiglie dove la politica c’è sempre stata e si è sempre fatta ci fossero tutti geni della politica e nemmeno un somaro? Liberiamo certe facoltà dal numero chiuso, tutti devono avere l’accesso al sapere e destiniamo il numero chiuso a chi vuol fare politica: mettiamo dei requisiti necessari. La consapevolezza di non essere all’altezza del compito è un enorme passo in avanti verso la saggezza e una carezza alla propria dignità.