di Rosario Pesce
Tutte le guerre sono inique, ma quella che si sta combattendo in Medio Oriente fra lo Stato di Israele ed i Palestinesi lo è più delle altre, vista in primis la sproporzione delle forze in campo.
La coesistenza di due popoli di diversa fede religiosa non è mai cosa facile, tanto più quando quelle popolazioni hanno dovuto combattere, nel corso dei secoli, per sopravvivere sconfiggendo i nemici esterni e quelli interni, in particolare.
Nella fattispecie palestinese, si è creduto per molto tempo che un equilibrio, per quanto fragile, potesse essere costruito, ma i fatti di questi giorni dimostrano che, da una parte e dell’altra, hanno prevalso i supporters della guerra ed hanno perso coloro che, nel corso degli ultimi decenni, hanno tentato invano di costruire un percorso condiviso di pace e di coabitazione.
Ed, ora, alla luce delle distruzioni odierne, cosa accadrà in una regione dove il conflitto israeliano-palestinese è solo la punta di un iceberg molto più radicato e profondo?
Dal 2010 in poi, invero, molti equilibri nel mondo arabo sono saltati per effetto delle cosiddette ‘primavere’ di quei popoli, che avrebbero dovuto portare al potere classi dirigenti nuove ed amiche dell’Occidente ed, invece, hanno determinato l’ascesa di gruppi integralisti, che costituiscono una minaccia per quegli stessi popoli, come per l’intero mondo occidentale.
Israele, in quella fetta di territorio, è l’avamposto degli Stati Uniti ed, un po’, anche dell’Europa, che non a caso poco o nulla hanno fatto finora per tacitare le armi.
Cosa accadrà, allora?
L’intero Medio Oriente è in fermento e ad ogni bomba sganciata da Israele potrebbe contrapporsi un attacco terroristico da parte dei gruppi integralisti musulmani.
È necessario, quindi, che l’Europa non stia a guardare, perché gli effetti potrebbero avvertirsi, anche, sul territorio del vecchio continente.
La pace è pur sempre la soluzione migliore, anche se la più difficile, atta a garantire gli equilibri mondiali.
Forse, molti Stati dovrebbero prendere spunto dall’iniziativa della Santa Sede, che ha offerto un segnale importante di distensione e di riconoscimento dello Stato Palestinese: solo per questa strada, si potrà interrompere una scia di sangue, che si versa in modo ininterrotto dal Secondo Dopoguerra.