di Maria Rusolo – Immagine di Bilal
“Il fatto che l’uomo sappia distinguere il giusto dallo sbagliato prova la sua superiorità intellettuale sulle altre creature; ma il fatto che egli possa agire in modo sbagliato prova la sua inferiorità morale rispetto a qualsiasi creatura che non può farlo.”
Ogni volta che usciamo da uno stravolgimento umano, naturale, ogni volta che accade un evento avverso, un terremoto, una guerra, una rivoluzione, un atto di delittuoso, un attentato, sembra quasi che gli esseri umani debbano riscoprire quella parte che dentro di se è celata al mondo.
Un forte senso di commozione ci pervade, ci sentiamo in qualche modo, ovunque siamo collocati sul pianeta terra, tutti fratelli e sorelle, per pochi attimi, si annullano le distanze, le differenze, i limiti, usciamo tremanti dalla catastrofe pronti ad aiutare ad investire, perché certe cose non accadano più. Lo stato di grazia dura troppo poco e torniamo alle vite di prima, con un vago senso di smarrimento preda di quelle che sono le nostre paure, rintanati come topi nella stiva di una nave, pronti a scappare impazziti all’arrivo di un’altra tempesta.
Non sappiamo coltivare l’eterno, non sappiamo pensare che gli eventi sono un effetto diretto ed indiretto del nostro agire, non sappiamo comprendere che un mondo di Pace non è un auspicio speranzoso che provoca un sussurro ed un sospiro, sul quale non possiamo in qualche modo incidere. Facciamo spallucce ed identifichiamo il colpevole di turno. Le scie chimiche, gli extraterrestri, i potenti del mondo che non ci ascoltano, le istituzioni, nulla dipende da noi, nulla è frutto del nostro modo di approcciarci all’essere umano che guardiamo allo specchio ogni mattino, mentre ci facciamo la barba.
Eppure ci sono stati momenti storici in cui giovani di belle speranze si imbarcavano da mezzo mondo nelle terre di dittatura per portare soccorso, per affermare una idea ed un principio di libertà, ci sono stati momenti in cui la battaglia a difesa delle donne non aveva quartiere, o limite geografico ed eravamo tutte sorelle, a rischio anche della nostra vita. Momenti in cui al cospetto di un individuo che brandiva un fucile contro una bambina spaventata abbiamo deciso di fare da scudo con il nostro corpo senza pensare alle conseguenze, senza sentire l’alito della morte sulle spalle, perché difendere un altro essere umano era più importante di noi stessi.
Cosa sia cambiato è difficile dirlo, ma mi pare di capire che in qualche modo, il benessere economico apparente ed il progresso abbiano in qualche modo lasciato che tutti ci addormentassimo come tante principesse, in attesa che qualcun altro venga a salvarci. Le bombe esplodono senza pietà, i corpi straziati attraversano i tubi catodici mentre placidi ceniamo con le nostre famiglie, quasi perfette, i pugnali colpiscono le membra delle donne sole, con l’unica colpa di essere in un posto che non hanno scelto. Ci stordiamo di pillole e di alcool per non sentire, per non sentirci responsabili, e gridiamo parole di vendetta e di aggressione con il solo obiettivo di sfogare le nostre frustrazioni.
Siamo non curanti che tutto ci sia sfuggito dalle mani, ma ne siamo consapevoli, in fondo alle nostre viscere, lo sappiamo che non esistono figli degli altri, ma che quei bambini che provano a scappare da una terra ostile siano figli di ciascuno di noi. Quello che mi circonda mi spaventa, mi atterrisce, mi spinge a volte a chiudere le tapparelle della mia stanza per restare al buio, il rumore di folle inconsapevoli della mia generazione e delle nuove generazioni, mi colpisce come un pugno nello stomaco. C’è chi potrebbe dire che sia io ad avere un elevato grado di sensibilità, che sia io a non scorgere il buono che ci circonda, che in fondo in fondo, qualcosa si muove sotto la superficie calma del mare di agosto.
A questi rispondo che se è vero che il leggero vento di una sera d’estate ci consente di rianimarci dopo una giornata di caldo asfittico, è anche vero che per far crescere campi rigogliosi occorrono piogge forti e continue, occorrono movimenti ampi ed aggreganti di reazione alla stasi ed alla calma. E mi chiedo e vi chiedo si può rimanere fermi al cospetto di un giovane di 23 anni, guineano, pestato da tre italiani e che sbattuto in carcere per essere rimpatriato si toglie la vita? Si può guardare senza gridare la ennesima strage di innocenti morti in cerca di un posto sicuro in cui vivere? Si può osservare un uomo picchiato e gettato in un cassonetto? O il corpo di una donna straziata da chi aveva amato ? O ancora quelle di un bambino bullizzato da ragazzi poco più grandi che poi hanno pensato bene di riprendere le proprie gesta e di farle girare tra gli amici?
La risposta dobbiamo trovarla proprio mentre sfuggiamo alla immagine di uomini perbene in giacca e cravatta che tutti i giorni pensano di aver fatto il proprio dovere. Non esistono solo responsabilità individuali ma collettive e che come diceva Falcone per Cosa Nostra, ogni fatto umano ha un inizio ed una fine, spetta a noi far cambiare la direzione a questa Storia.