di Mirko Torre
Quello delle pensioni è un tema sempre molto caldo, da qualsiasi lato lo si tratti infatti genera sempre delle polemiche nei confronti del governo di turno. In attesa di una riforma ben strutturata del sistema pensionistico italiano che purtroppo tarda ad arrivare, è bene ricordare però che esistono diverse “scappatoie” che i lavoratori possono percorrere per accedere alla pensione in modo anticipato.
Negli anni, soprattutto dal 2012 in poi, i vari governi che si sono succeduti hanno attuato diverse modifiche ai parametri necessari per andare in pensione, rendendo tutto di fatto più flessibile nonostante ancora molta gente non sia ben informata a riguardo.
La via d’uscita più chiacchierata tra le tante, è la cosiddetta “quota 100”, introdotta nel 2019 in via sperimentale per il triennio 2019-2021 e quindi in scadenza alla fine di quest’anno. Quota 100 consiste nel raggiungimento di 62 anni di età anagrafica con non meno di 38 anni di contributi, con una finestra di 3 mesi di attesa per i lavoratori privati che hanno maturato i requisiti e di 6 mesi per i lavoratori pubblici. Purtroppo dal governo hanno fatto sapere che probabilmente questa possibilità non sarà rinnovata, generando così diverse tensioni tra le associazioni dei lavoratori, che temono uno scalone importante, dai 62 anni ai 67 della pensione di vecchiaia.
Per quanto riguarda le donne, esiste l’opzione Donna, introdotta nel 2004, che permette alle lavoratrici di accedere alla pensione con 58 anni di età e 35 di contributi. Nonostante sia una forma di pensione anticipata, presenta alcune criticità che nel corso degli anni hanno causato polemiche, infatti questa opzione prevede un calcolo contributivo, più penalizzante rispetto a quello retributivo, che permette di fatto alle donne in possesso dei requisiti scritti sopra di percepire una pensione di gran lunga più bassa rispetto a quella ordinaria. Quello che i sindacati chiedono a questo proposito è di adeguare la pensione anticipata femminile alle fatiche non solo lavorative, ma anche dal punto di vista del ruolo che la donna svolge nella società e nel nucleo familiare, senza dubbio indispensabile.
Un’altra categoria tutelata dallo stato entro il 31 dicembre 2021 è quella dei lavoratori in condizione di difficoltà, quali ad esempio invalidi, disoccupati o i cosiddetti “caregivers”, ovvero chi presta assistenza a anziani o disabili. Gli aventi diritto appartenenti a questa categoria possono ricevere dallo stato un trattamento cosiddetto di “accompagnamento” alla pensione vera e propria. Una forma di tutela gradita, ma che comunque presenta dei punti penalizzanti, infatti gli assegni ricevuti dagli aventi diritto, non vengono conteggiati ai fini del trattamento pensionistico, e nel caso di decesso del titolare di questo accompagnamento gli assegni non sono reversibili ai superstiti e cessano immediatamente di essere erogati. Ad oggi non ci sono novità da parte del governo per quanto riguarda ipotetiche modifiche a questa forma di tutela.
Proseguendo con le categorie cosiddette tutelate, troviamo i lavoratori precoci e impiegati in attività usuranti. I primi hanno diritto alla pensione con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica, a patto però che abbiano svolto almeno 12 mesi di lavoro effettivo prima del 19esimo anno di età, e iniziano a percepire la propria indennità decorsi 3 mesi dalla maturazione del requisito scritto sopra. Per quanto riguarda i lavoratori impiegati in attività usuranti, è stato pubblicato un documento contenente l’elenco aggiornato di tutte le attività che hanno diritto , a partire dal 1 Gennaio 2018, a ritirarsi in pensione al raggiungimento dei 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età.
Come ultima via d’uscita anticipata troviamo l’Isopensione o assegno di esodo, ovvero uno strumento grazie al quale un lavoratore può andare in pensione con l’aiuto del proprio datore di lavoro, con 7 anni di anticipo (prorogata fino al 2023). Il datore di lavoro, una volta scelta questa strada, si impegnerà a versare per 13 mensilità, un assegno pari all’importo del trattamento pensionistico, con l’assegno di esodo che verrà poi erogato successivamente dall’INPS. I contributi non rientrano nell’importo dell’assegno, ma verranno versati direttamente dal datore di lavoro per il periodo tra il raggiungimento dell’accordo e la data di pensione effettiva del lavoratore.
Quello che sappiamo è che molte cose potrebbero cambiare nella seconda metà di questo 2021, attraverso una nuova riforma che dovrebbe prendere forma nei prossimi mesi. Ci si augura sempre che il governo attuale abbia a cuore le necessità dei propri cittadini, che dopo un periodo così difficile come quello degli ultimi due anni, hanno bisogno di certezze e rassicurazioni sul proprio futuro, ma per ora rimane solo da attendere.