di Alessandra Hropich
Non si deve mai dire: “Io sono malato, io sono triste. Io ho lo stomaco distrutto perché non posso mangiare cioccolato, pomodoro, io sono debilitato, ecc”
Davvero sento tanti commenti di amici che si presentano o come depressi, o distrutti, o rovinati, vecchi e magari sono reduci da una fine di una relazione amorosa.
Non bisogna mai sentirsi né definirsi come inadeguati, malati o addirittura una specie di problema vivente perché il nostro cervello poi se ne convince e ci fa ammalare davvero. Abbiamo un problema, si. Ma non siamo noi il problema, che sia chiaro!
Eppure ci sono persone che si esprimono solo in termini di problemi, vedendo solo quelli, non gioiscono mai delle opportunità che comunque ci sono ed ogni problema si amplifica così ed il cervello si intossica.
Tanto per citare un esempio, una mia conoscente diceva agli altri:
” Sono uno straccio. Ho lo stomaco che non vuole le arance, i limoni, la frutta acida, il mio stomaco è un fardello ed io non prendo così le vitamine, il mio fisico è debilitato per questo!”
È superfluo dire che questa mia conoscente attraversava un periodo di depressione e tutto era interpretato da lei in negativo, un dolore di stomaco non era un caso o un campanello di allarme di una eventuale gastrite di cui soffrono in molti, no, lei preferiva definire il suo stomaco lacerato, rovinato e senza speranze di miglioramento.
Un giorno mi chiese di accompagnarla dal dottore e lo stesso, davanti al medico, la tipa iniziò ad elencare una raffica di malesseri da lei già opportunamente individuati: “Dottore, sono impossibilitata a mangiare la frutta perché ho lo stomaco distrutto, mangio solo pere, mele, banane, frutta dolce, insalata…. Non ho difese immunitarie!”
Fece dunque la mia conoscente, una lista di frutta ed alimenti che portò la dottoressa ad interromperla dicendo: “Ma perché si presenta come se lei fosse un problema che cammina? Perché non cambia impostazione e dice invece: “Io non posso mangiare le arance ma, in compenso posso mangiare tanta altra frutta che mi fornisce vitamina C ugualmente? Si ricordi che il nostro cervello non vuole sentire il problema ma la soluzione, altrimenti davvero diminuiranno le sue difese immunitarie perché lei manda un segnale negativo e continuo al cervello!”
L’ autolesionismo è l’ esatto contrario dell’ autostima.
In nessun caso siamo noi un problema, noi siamo persone che affrontano (semmai) un problema.
Lo stesso vale per il fattore età, quanti uomini sento dire che a 50/ 60 ed oltre mettono davanti ciò che non possono più fare.
Un uomo che ripete a sé stesso o agli altri continuamente: “Non ho più venti anni, non posso fare footing, non posso andare a donne, non posso iscrivermi ad un corso…..”
I messaggi di limitazione non incoraggiano nessuno ma soprattutto, il cervello di chi li ripete, assorbe continuamente un blocco. Il dietro- front è inconcepibile perché rappresenta una resa drammatica contro la nostra volontà. Perché dunque fare autolesionismo?
E se un signore o donna non più giovanissimi provassero a rispolverare qualche hobby ancora possibile? Il cervello risponde sicuramente rigenerandosi e caricandoci di nuovo entusiasmo.
Anni fa, intervistai il Presidente di un Ente pubblico che mi raccontò del suo desiderio di iscriversi, a 58 anni ad una nuova facoltà universitaria, anche se già era laureato e me lo disse con un’ espressione del viso come un bimbo che volesse correre alle giostre.
Bisogna capire che, una volta elaborate le nostre limitazioni che pur non si possono dimenticare, debbono poi essere ignorate nei discorsi quotidiani e nei fatti.
Se un uomo o una donna adulti si svegliano per ricordarsi quotidianamente cosa non possono più fare, è inevitabile la depressione perché siamo persone e dobbiamo comunque guardare avanti e lasciare che il vivere dentro torni ad essere la nostra linfa, dagli affetti alla vita lavorativa, ed essere consci che siamo tutti precari ma che ciò non deve fermare la nostra voglia di esistere nel mondo.
Servono nuovi progetti per nuovi slanci, ad ogni età, senza ripeterci cosa non siamo più, cosa non possiamo fare, dove non possiamo più andare.
Compriamoci un’ agendina e scriviamoci su cosa intendiamo fare, dandoci approssimativamente anche delle date ma che siano cose positive ed impegni.
Le malattie, l’ età ed ogni limitazione, mettiamole da parte perché già le conosciamo e non serve ricordarle se non a deprimerci.
Concludendo, chiudiamo in cantina i malanni, i pensieri di ciò che non si è o non si può, appuntiamoci quello che possiamo fare ed essere sgomberando la mente da pensieri ansiogeni per arrivare alla consapevolezza di esistere così come si è, e come tale, accettarsi. Ricordando che conta non il dover essere ma essere.
Per informazioni sulla scrittrice: “Alessandra Hropich:
https://www.youcanprint.it/la-felicita-ve-la-do-io/b/62150c3f-b50b-5a3d-a224-ed8dd9c9c6b1