di Alessandra Hropich
Ci si sposa per creare una famiglia, per amore o, semplicemente per errore.
Certo è che il matrimonio è un sacramento, una pianta da coltivare e curare ogni giorno, sennò muore e diventa una farsa.
Il bisogno di attaccamento, o meglio la forte necessità di creare legami con altri esseri umani, è così irrinunciabile che il suo appagamento è diventato fondamentale rispetto alla qualità del legame stesso.
Dinamiche del genere in parte ci spiegano perché alcune persone si ostinano nel rimanere in scelte affettive per così dire “sbagliate”, ossia dolorose, distruttive e persino masochiste.
Una mia amica social esordisce così: “Sono sposata ma solo sulla carta. Ma ho i figli, questo conta!”
Un collega della signora, anche lui mio amico social, senza figli, vive anche lui la situazione di coniuge solo sulla carta, ma, mentre la mia amica si espone, esce e fa vita sociale essendo una commercialista che frequenta molte persone e ci tiene a sembrare una donna single, il collega invece vuole sembrare sposato pur raccontando agli altri, non solo a me, il suo passato desiderio di lasciare la moglie ma, il solo fatto di vivere di sopportazione e soprattutto evitando la moglie, lo faceva sembrare un devoto alla sofferenza più che un marito ed infatti, questo atteggiamento di chiusura del mio amico verso il mondo reale a favore del virtuale, lo aveva fatto ingrassare, abbruttire ed invecchiare mentre giustificava il suo restare ufficialmente sposato solo per consuetudine.
Il portare il cane a fare i bisogni è una consuetudine, ad esempio ma non ci si abitua ad una situazione che non ci piace, si soffre in silenzio ma abituarcisi è dannoso.
La mia amica social non ama nominare mai il marito, il mio antico amico invece nominava a vario titolo la moglie ma uno che sopportava a sforzo una donna in casa evitandola se poteva e vivendo di sole fantasie sessuali autonome era in realtà del tutto solo.
Ma si sa che “I legami umani” sono stati sostituiti dalle connessioni. Mentre i legami richiedono impegno, “connettere” e “disconnettere” è un gioco da bambini!”
(Cit Zygmunt Bauman)
Così, con la scusa di lavorare fino a tardi, si gioca a fare i maschi in una chat, come il mio vecchio amico e tanti altri, uomini e donne ovviamente. Nel virtuale si nascondono le proprie frustrazioni e deficienze coniugali.
Ma ne conosco in gran quantità di coppie sole ma ufficialmente sposate, non poche arrivano persino alla violenza verbale e fisica.
Ho conosciuto medici, dirigenti, coppie discretamente benestanti che, per non dividere le proprietà o per i figli, sono rimaste insieme con apatia e tristezza. Potrei scrivere un’ Enciclopedia a volumi per quante sono le coppie infelici ma cerco qui di portare solo pochi casi.
Ricordo (ad esempio) ancora le urla di un vicino di casa la cui parete divisoria mi faceva ascoltare scene teatrali fatte di liti atroci, pesanti insulti giornalieri ed urla notturne, gli chiesi un giorno con garbo di non urlare la notte lui e la signora che viveva insieme. Ebbene, delle urla, delle parolacce, degli schiaffi e sedie che volavano, poco gli interessò mentre la sola cosa che fece scalpore fu il mio aver citato la “signora” che viveva con lui.
Urlando mi disse: “Nessuna signora vive con me, come si permetteeee???? Lei sta parlando di mia moglieeeee!”
Si era scandalizzato solo perché non l’ avevo chiamata “moglie”.
Già, una moglie che il mio vicino tradiva ogni giorno a piacimento e le liti ne erano la conseguenza.
Ma i tradimenti, le liti e l’ apatia contraddistingue ogni categoria, ho conosciuto un medico che, anziché visitare una mia parente, mi ha raccontato la sua vita ex coniugale, perché separato, che rappresentava un vero dramma illustrato punto per punto. Ma ogni giorno vengo a sapere di nuove situazioni coniugali tristi di liti, separazioni ma soprattutto di coppie che hanno scelto di restare insieme comunque, da queste ultime, mi aspetto il peggio perché sono bombe inesplose.
Il matrimonio richiede amore e dedizione e le tante coppie che restano insieme dopo che hanno pensato anche un solo attimo di lasciarsi, sono vasi rotti che non si toccano per paura di buttare via i cocci, sono coppie finite.
Ma è anche vero che esiste l’ansia di incasellare i rapporti, non esiste il solo stare bene insieme perché la gente vuole sapere se due sono amici, amanti, coniugi. Nessuno si chiede come stanno due persone ma solo cosa sono l’ uno per l’ altra.
Moglie e marito solo sulla carta?
Non interessa a nessuno e le coppie soffrono quasi tutte in silenzio.
Il dolore che non parla, “sussurra”: ciò significa che rimane dentro di noi, procurandoci spesso sensazioni di fatica, d’insofferenza oppure sintomi fisici (gastriti, contratture, emicranie, etc..) che non scompaiono facilmente.
Dare “voce” al dolore significa quindi poterlo pensare, nominare ed elaborare.
Come diceva l’artista Ernst L. Kirchner è solo “Quando il dolore trova le parole, la guarigione si profila all’orizzonte!”
Il matrimonio non dovrebbe mai essere un’ occasione per soffrire in due ma un patto per coltivare insieme l’ amore sotto ogni forma, desideri e progetti comuni? Va benissimo tutto purché non ci si eviti, quello che in molti invece fanno.
Concludo dicendo cosa penso quando vedo certe coppie sposate di cui so tutto e che si presentano a me dicendo con tono soddisfatto: ” Lui è mio marito!” Oppure: “Lei è mia moglie!”
Taccio ogni volta e penso sempre ad una divertente ed inquietante frase di Totò: “MA MI FACCIA IL PIACERE!”