di Rosario Pesce
Quello che è appena iniziato è un anno, certamente, molto importante per il nostro Paese e per l’intera Europa, visto che saranno eletti i Capi di Stato di Italia e Francia.
È evidente che le attenzioni della politica e della pubblica opinione internazionale saranno attratte dalla pandemia per il terzo anno consecutivo, ma è altrettanto ovvio che molte sono le priorità, anche oltre lo stesso Covid.
In primis, l’economia desta non poche perplessità: se, infatti, nel corso del 2021 si è assistito ad un rilancio della produzione, per effetto del lieve miglioramento della condizione pandemica, bisognerà verificare nel corso del 2022 se tale espansione verrà confermata o meno, dal momento che un eventuale peggioramento della condizione sanitaria potrebbe determinare nuove chiusure e riportarci ai momenti più tristi della primavera del 2020.
Ed è naturale che la classe dirigente politica italiana, come quella dell’intero continente, dovrà fare i conti – come si fa in democrazia – con il consenso: due anni di pandemia ed una conclusione della stessa ancora distante non potranno non determinare degli scossoni, quando il popolo tornerà alle urne.
Pertanto, in un quadro complessivo nel quale i dubbi sono molto più numerosi delle certezze, il 2022 ci guiderà probabilmente verso nuovi equilibri istituzionali nel vecchio continente, che saranno comunque essenziali per la tenuta non solo dei singoli Stati, ma dell’Europa innanzitutto.
D’altronde, l’Unione Europea, con i finanziamenti erogati attraverso il PNRR, ha fornito le risorse necessarie per il rilancio economico post-pandemico: ora, tocca alle singole nazioni non sprecare un’occasione unica ed utilizzare quei soldi per interventi che creino nuova ricchezza e che forniscano il potenziamento di beni e servizi essenziali per la popolazione, su tutti sanità ed istruzione.
Il Covid, infatti, ha reso più stringente la domanda in tali settori: servono ospedali meglio funzionanti e diffusi in modo più capillare sui territori, così come deve essere potenziato il settore dell’istruzione pubblica, in particolare in termini di organici e di realizzazione di opere di edilizia scolastica, che deve essere adeguata ai nuovi parametri di sicurezza previsti dai protocolli Covid.
Non sono, queste, scommesse facili da vincere, ma è evidente che il futuro dipenderà da quello che, nel corso del 2022, le classi dirigenti – locali e nazionali – sapranno fare per uscire dalla condizione attuale: è in gioco non solo il mero ritorno alla auspicata normalità, ma soprattutto la possibilità stessa che l’Europa e l’Occidente intero non entrino in una spirale involutiva perversa, da cui poi sarebbe davvero difficilissimo uscire, se non con costi sociali altissimi e, potenzialmente, molto pericolosi.