di Giosuè Di Palo
“Sono una grande interprete e voglio cantare, dovrei copresentare con lei? È un inferno, lei è pazzo. Mi fa fare la valletta! Se lo sapevo mi mettevo qualcosa di scosciato”. Ci sono volute tre serate, ma finalmente LA co-conduttrice è stata trovata. Drusilla Foer è la risposta perfetta ai vari Adinolfi, Simone Pillon e Salvini di turno.
Scende la scalinata alle 21:30 precise e, col siparietto iniziale sull’equivoco rispetto alla sua partecipazione come cantante invece che co-conduttrice, lascia subito il segno. Prosegue annunciando i cantanti in gara, chiedendo ripetutamente ad Amadeus da che lato dovesse girarsi, in quale telecamera guardare e scambiando più volte i copioni per leggere da quello con le scritte ingrandite. Drusilla scherza, ironizza ma non giudica, mai.
Non fa sermoni sul perché si trovi lì, in veste di cosa e, soprattutto, non cavalca l’onda delle polemiche che l’hanno riguardata nelle settimane scorse, provenienti soprattutto da certi ambienti( i soliti). La sua risposta è più sottile, e si trova nelle azioni, nei continui sketch, in quel “Per tranquillizzare tutti quelli che avevano paura di un uomo en travesti, mi sono travestita”. E poi la vediamo vestita da Zorro. C’è stato un momento della serata in particolare in cui ho temuto il peggio. Ed è stato quando Iva Zanicchi, lasciando le vesti di cantante e cercando di assumere quelle di mattatrice, ha ironizzato prima sull’altezza della Foer e, poi, le ha detto che “ha altre cose in più, che io non ho!”.
Lì il panico. Eppure Drusilla ancora una volta è riuscita, con intelligenza, a prendere in mano la situazione e con un “si, sono colta!”ripetuto, a onor di cronaca, dopo la stessa Zanicchi, riesce a mitigare il clima, senza trasformarlo in questione di Stato. L’unica nota stonata è stata, purtroppo, il monologo della stessa Foer. Non per il messaggio o per l’esecuzione, sia chiaro. Il monologo era eccezionale, ineccepibile e pungente.
Drusilla ha parlato del valore della diversità o, come preferisce lei, dell’unicità. Ha sottolineato come “La parola diversità non mi piace, è comparativa. Una parola che mi piace è unicità. Dovremmo aprirci all’unicità dell’altro e uscire da questo stato di conflitto che ci allontana.” Ha voluto parlare al pubblico generalista di temi che, spesso, rimangono inascoltati. Ed è qui il problema: l’aver relegato questo bellissimo momento di riflessione all’1 e 40, orario in cui il pubblico generalista a cui la stessa si stava rivolgendo probabilmente già era beatamente andato a dormire( e non aveva neanche tutti i torti).
Sembra, purtroppo, ancora una volta una grande occasione mancata. Un compromesso. O meglio una pezza, ma non di Lundini. Resta il fatto che dei tanti cambi d’abito divertenti che ha fatto, quello dell’intelligenza non l’ha mai abbandonato. Anzi l’ha custodito con cura. Che l’anno prossimo lo scettro della conduzione passi da Amadeus a lei?