di Pasquale Di Fenzo
Certo che parlare di calcio in questo periodo può sembrare, e forse lo è, assolutamente fuori luogo. Ma almeno potrebbe darci l’impressione di restare aggrappati a quella normalità che ormai sembra definitivamente perduta. Poi ci pensa la curva del Verona, dentro e fuori dallo stadio, a farci precipitare di nuovo nell’abisso.
Senza parlare della ridicola sanzione inflitta che ti fa aumentare ancora di più lo sconforto. Proprio come del caso della sospensione di qualche settimana comminata al duo delle meraviglie che forse ha indirizzato definitivamente il risultato finale di questo campionato nella direzione voluta. Si, voluta!
Lo sprint finale deve essere un fatto privato tra Inter e Milan, come ha candidamente e indirettamente ammesso il direttore del più importane giornale sportivo italiano: “Noi guardiamo gli interessi dei lettori del nostro bacino di utenza”. E i giornalisti ed opinionisti nostrani ce la menano ancora con la pluralità di informazione e la deontologia professionale che impone equidistanza ed imparzialità. Sulle TV nazionali una battuta di Bonolis o di Abbatantuono, graffia molto più di mille editoriali in cui ce la cantiamo e ce la suoniamo tra di noi. Io per una scelta personale, e per non compromettere la mia salute non solo mentale, non seguo in TV le partite di Inter, Milan e Juve.
E non solo per non vedere gli scempi che puntualmente avvengono sul campo di gioco, ma pure, e dovrei dire soprattutto, per non sentire il modo ignobile in cui vengono fatte le telecronache. Sicché domenica scorsa, durante Torino-Inter seguivo una trasmissione sportiva su una TV napoletana in cui mi hanno fatto credere che il rigore al Toro non era stato assegnato per un precedente fallo di mano di Belotti. A nessuno dei dotti partecipanti è venuto in mente che in questo caso il gioco sarebbe dovuto riprendere con un fallo a favore dell’Inter.
Il problema è che molti soffrono del complesso di apparire parziali e provinciali, e cercano di giustificare l’ingiustificabile. Quel rigore non assegnato è un atto di protervia, di assoluta sicurezza dell’impunità. Significa che le cose devono andare in un certo modo. E solo in quel modo. Non c’è discussione che tenga: “una proposta che non si può rifiutare”. Equivale a far trovare la testa mozzata dell’amato purosangue nel letto del produttore obbligato ad esaudire i desiderata del padrino di turno.
Poi dobbiamo sentire Graziano Cesari che cerca di convincerci che al VAR non hanno visto l’immagine che lui ha mostrato e che sancisce in modo inequivocabile che trattavasi di rigore. Ma se hanno 14 telecamere a disposizione per visionare quello che è successo in campo! Allora dovrebbe configurarsi il reato di omissione di atti di ufficio. A forse addirittura “omissione di soccorso”, dove in palese bisogno di aiuto, negato, appare l’intero sistema calcistico italiano, ormai ridotto molto più in basso che ai minimi termini.
Urge drastica inversione di rotta, ultima chiamata: salviamo il calcio italiano! Se i “fruitori” europei snobbano il nostro calcio ci sarà una ragione! Quando i giornali italiani magnificavano le “imprese calcistiche” dei soliti noti con titoloni a tutta pagina, i giornali europei spesso hanno titolato con “Furto” o “Vergogna italiana”. La misura è ormai colma. Basta parlare di sudditanza psicologica o di inadeguatezza della classe arbitrale italiana, perché poi nelle coppe europee gli arbitri italiani risultano spesso essere i migliori.
Sarà perché sono scevri da retro pensieri, da riflessi condizionati o, peggio, da sollecitazioni esterne? Io non voglio pensare alla mala fede arbitrale, però nessuno mi può impedire di pensare che la malafede e la corruzione esistono, purtroppo, in tutte le categorie di lavoratori, siano essi operai, professionisti o commercianti. Perché dovremmo accettare il dogma secondo il quale gli arbitri sono sempre al di sopra di ogni sospetto? Persino la moglie di Cesare pare essere stata una gran zoccolona. E col marito consapevole. Vi ricorda qualcosa?