di Maria Rusolo
“L’affermazione più profonda che sia mai stata pronunciata a proposito di Auschwitz non fu affatto un’affermazione, ma una risposta. La domanda: “Ditemi, dov’era Dio, ad Auschwitz?”. La risposta: “E l’uomo, dov’era?”.
Avrei voluto evitare di citare fatti storici, perché mi auguro ormai siano acquisiti non solo dai libri, ma anche e soprattutto dalla coscienza di ciascuno di noi. C’è sempre qualcuno che pensa che quanto accade in una guerra debba essere ricostruito da una Corte di giustizia o debba essere oggetto di chissà quale contraddittorio nel merito. Non siamo più abituati a guardare in faccia al dolore, non vogliamo prendere atto che le immagini hanno il potere di farci sentire il peso delle bombe e la forza della loro deflagrazione, ci siamo assuefatti o semplicemente percepiamo il dolore solo quando ci coinvolge direttamente.
Pensate se non avessimo avuto negli anni persone disposte a raccontare il disagio, la violenza delle torture, il fuoco sui civili, gli stupri, pensate se non avessimo avuto cronisti pronti a rischiare la pelle per cogliere la verità di quanto accadeva in Paesi lontani del Sud America, o se non avessimo avuto scatti di quanto succedeva. Le dittature si alimentano di menzogne, fanno sparire gli oppositori senza alcuna forma di controllo, se qualcuno non avesse raccontato la verità, quella che è indiscutibile, quella che è feroce e spacca gli occhi, oggi non sapremmo dei ragazzi spariti in Argentina, non avremmo chiaro quanto accaduto in Cile durante il golpe di Pinochet o in Vietnam o nei campi di concentramento.
Davvero abbiamo bisogno di dare fiato ad una forma di revisionismo storico, davvero al cospetto del pianto di un bambino ci dobbiamo interrogare ancora ed ancora sulle ragioni dei potenti? Esistono aggressori ed aggrediti, esistono libertà non barattabili in nessun modo ed in presenza di alcuna circostanza, ma soprattutto esistono fatti storici che non possono essere messi in discussione, esistono responsabilità precise e dolose in capo a chi esegue gli ordini ed a chi questi ordini li delibera nel segreto e nella tranquillità delle proprie stanze e su questo la storia ci ha dato tutti gli elementi per imparare e per comprendere.
Oggi più che mai abbiamo gli strumenti, non sciupiamo tutto in nome di una contrapposizione celata dalla necessità di una presunta democrazia libertaria, che pone le opinioni sullo stesso piano della verità assoluta che non può essere misconosciuta. Che mondo abbiamo voglia di lasciare alle future generazioni, credo che questa sia la domanda che l’intera comunità di uomini e donne si debba porre, immediatamente, senza perdersi nei rivoli della falsa informazione, finalizzata a raccogliere il consenso spicciolo di qualche complottista dedito alla cultura delle scie chimiche.
In tutto questo molto possono gli organi di stampa, gli intellettuali, e la scuola. Nel mondo le rivoluzioni sono nate sempre grazie alla forza del dissenso ed alla capacità di aprire gli occhi sul mondo per come è non per come appare. Bisogna attraversare le nebbia della menzogna con forza e coraggio, possiamo farlo, prima di piangere su altre tombe e prima di dover fare i conti con la nostra coscienza. E’ già accaduto non bisogna ripercorrere con stupidità gli errori del passato.
“A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che «ogni straniero è nemico». Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager.”