di Andrea Carpentieri
Si parla tanto, in questi giorni, delle colazioni che è possibile ricevere a domicilio dalla signora Rita De Crescenzo, protagonista indiscussa dei social da qualche tempo a questa parte (ah, quanto male fa pensare che a Napoli, per decenni, il cognome De Crescenzo sia stato garanzia di cultura, saggezza, profondità, intelligenza, magari buona musica…!)
Accogliere a casa, di buon mattino, la signora, provvista di box colazione, costa alcune centinaia di euro, e la nota star dei social afferma di avere prenotazioni fino al 2024, cosa della quale non si ha ragione di dubitare.
Quest’ultima frontiera della saga di Rita De Crescenzo indica, a parere di chi scrive, che la situazione sta ormai valicando i limiti non più della decenza e del gusto, come già accaduto in passato più e più volte, bensì quelli del bene e del male sociale.
La De Crescenzo si arricchisce grazie alle sue imprese social? Nulla di male, ci mancherebbe; non si auspica nessuna compressione della libertà di nessuno, non sia mai. Anzi, a un primo acchitto, si potrebbe anche osservare che il vero problema non sia la signora De Crescenzo in quanto tale, bensì chi la segue, chi ne alimenta e sostiene “il personaggio”.
Se si pensa a costoro, sempre fermandosi ad un primo livello di riflessione, può venire in mente il modo in cui Petrolini si rivolse ad una persona che lo aveva disturbato dal loggione: a costui, l’attore fece osservare che non ce l’aveva con lui (la De Crescenzo), no, ma con quanti non l’avevano buttato di sotto (i suoi followers e clienti).
Ad uno sguardo più attento e profondo, però, sembra non si possa più negare che, con le ultime evoluzioni del fenomeno De Crescenzo, siamo all’apoteosi del nulla, siamo alla glorificazione dell’ignoranza più cupa e del cattivo gusto più greve, siamo alla banalità, alla sciatteria ed alla volgarità elevate a fondamento di fama e arricchimento.
La questione è seria, tremendamente seria: i mezzi di comunicazione producono e diffondono modelli di comportamento, plasmano menti, codificano valori, il tutto ratificato da un successo che è, alla fin fine, il sigillo di approvazione apposto al “prodotto”. L’affermazione e il trionfo di un modello a là De Crescenzo, per quanto transitori possano essere, creano aspettative in/stimolano all’emulazione chi potrebbe ambire a percorrere la stessa, comoda via, nel contempo e di fatto delegittimando un modello di vita alternativo, quello fondato sull’impegno, sul lavoro, sulla qualità.
Rita De Crescenzo fa, persegue, ricerca il proprio utile ed il proprio bene, ed è – guai se non lo fosse! – libera di farlo, soprattutto quando a consentirglielo è la libera scelta del pubblico. Tutto ciò però fa, su una prospettiva di lungo periodo, il male della società, in quanto alimenta, soprattutto nei più giovani, la percezione di poter diventare qualcuno attraverso i propri strafalcioni grammaticali, attraverso l’ostentazione di modi inaccettabili all’interno di un consesso civile, attraverso l’esaltazione del vuoto pneumatico mentale e culturale.
Insomma, va bene la libera scelta del pubblico, ma libera scelta del pubblico fu pure quella che premiò Barabba: il fatto è che sulla croce, poi, ci finì Gesù Cristo.