di Pasquale Lucchese
Che potesse essere una stagione difficile lo aveva intuito in anticipo Spalletti, da uomo e professionista intelligente e lucido. Perduti in uno stucchevole folklore, frutto di un artificioso e strumentale entusiasmo, noi non avevamo intuito. Beandosi dell’illusione del suo primo ed unico vero e lucrosissimo amplesso con una piazza fino ad allora ostile, anche Aurelio De Laurentiis non aveva colto. Eppure i prodromi c’erano tutti: la tripla sfida con il Milan, le sconfitte contro Lazio e Monza (a scudetto acquisito), i pareggi interni contro Hellas e Salernitana, quello a Bologna (a scudetto già cucito). Tuttavia eravamo tutti accecati. Tutti tranne il condottiero princip(al)e.
[Inciso: si obietterà, con anche buona dose di fondatezza, che si trattava di calo fisiologico a titolo praticamente portato a casa; invero c’era anche uno storico quarto di Champions da giocare (per onore della verità e perché prima di ogni altra cosa siamo tifosi, non va dimenticato il doppio pessimo arbitraggio che ha decisamente indirizzato il doppio incontro, preferendo, per “inconscio” volere della Uefa, un più redditizio e “potente” “derby della madonnina” in semifinale), vari altri record da abbattere, ma SOPRATTUTTO una squadra (e una società e una piazza) “completa” non si ferma con la testa, neanche a “cose fatte”].
Non è su quei mesi che voglio però tornare: devono restare un legittimo (s)oggettivo ricordo da preservare, ognuno come meglio ritiene. Né mi interessa scrivere degli evidenti errori di cui si è macchiata, unica e sola (ovviamente) la società (Aurelio De Laurentiis). Giornalisti, opinionisti, scrittori, attori, cantanti, professionisti, tuttologi si sono espressi. (Beati) Loro (che) hanno la Verità e il Verbo da diffondere alla piazza. Ci si perde nelle mille accurate analisi di natura tattica, tecnica, finanziaria, psicologica, economica, aziendale, ognuna magari con il suo fondo di verità e sicuramente scevra da condizionamenti (simpatie-antipatie) e fazioni predeterminate. Eppure c’è un aspetto, emerso in più di un approfondimento, che proprio non tollero, non riesco ad accettare. Provo un sentimento di forte e sincera avversione, ancor più se tale aspetto emerge dal pensiero di un giornalista (opinionista etc…) locale e quindi, al netto dell’impeccabile deontologia professionale, anche tifoso.
IL NAPOLI NON HA VINTO LO SCUDETTO 2022-23 SOLO PER CASO, SOLO PER FORTUNA. Lo scudetto del Napoli che ha interrotto un dominio quasi trentennale delle tre strisciate è frutto, ci piaccia o meno, lo accettiamo o meno, di un’accurata programmazione societaria.
[Inciso: quanto scritto non significa che la SSC Napoli, a luglio 2022, avesse fatto degli acquisti con l’obiettivo “ufficiale” di vincere lo scudetto. Quel genere di mercato in Italia forse solo le strisciate (un pò meno il Milan), nonostante difficoltà finanziarie e guai giuridici, possono permetterselo. Quella sessione, ferocemente criticata, aveva una sua logica, tanti rischi e qualche aspettativa]. E’ figlio di 15 anni di risultati importanti, di una continuità mai avuta nella nostra discreta e quasi centennale storia; è figlio di quattro terzi posti, di altrettanti piazzamenti d’onore (uno dei quali con il record di 91 punti!) di tre coppe Italia e una supercoppa messe in bacheca. E’ anche conseguenza, che ci piaccia o meno, lo apprezziamo o meno, di un modo di fare azienda magari vetusto, familistico e “familiaristico”, sparagnino, poco avvezzo al mondo del calcio attuale e “ammazzasogni da amantidellefigurine” (me incluso). E’ figlio delle tante plus-valenze fatte e dei famigerati e bistrattati “scudetti del bilancio”. Ovviamente, ma nella vita è componente determinante, c’è anche il tocco della “dea bendata”, ci sono le ciambelle riuscite col buco tondo e perfetto: Kvara, Kim su tutte, gli episodi favorevoli durante i 90 minuti (le due traverse rossonere a Milano per citarne uno). C’è il coraggio e c’è il lavoro e la dedizione folle (ma consapevole) di Spalletti e dei suoi ragazzi che l’hanno seguito. C’è “semplicemente” un mix di tutto e tutti. Lo scudetto 2022-23 non è titolo regalato, né caduto dall’alto, né “solo merito” di Spalletti. Affermare ciò è svilire una delle poche “cose” che, tra alti e qualche basso, funziona in una città che, mettiamocelo in testa, ci piaccia o meno non è Milano, non è Torino, non è (neanche) Roma. E, con una simile classe dirigente, una simile intellighenzia, una simile storicamente parassitaria borghesia, una simile classe (im)prenditoriale (di cui De Laurentiis è, a suo modo, parte attiva), difficilmente lo sarà.
[Un ultimo inciso per tornare all’amaro presente: che potesse essere una stagione difficile lo si poteva dunque intuire, evidente però nessuno (Spalletti incluso?) poteva prevedere uno scenario “apocalittico” alla prima di ritorno e un futuro, immediato, tutt’altro che azzurro. Volendo farla estremamente semplice potremmo dire che come la scorsa stagione tutto ha girato a meraviglia e magari la rosa ha reso al 200% delle sue potenzialità, quest’anno nulla sta girando per il verso giusto e la rosa sta rendendo meno della metà delle sue reali capacità. Ir-Razionalmente potremmo quindi augurarci una rosa al 100% che potrebbe significare il raggiungimento dell’obiettivo stagionale. Magari senza dimenticare un pizzico di fortuna…].
P.S. personale e dal sapore fortemente e banalmente intimo: ad AdL, almeno dal 4/5/23, (anche a Spalletti e ai ragazzi della rosa) io “vorrò sempre bene” e gli sarò PER SEMPRE grato (come ho voluto e voglio bene all’ingegnere).
Inciso sul P.S.: “Voler bene” ed esser grati non significa non analizzare la realtà (partendo dal presupposto che quasi tutti noi non viviamo e non conosciamo il mondo del calcio, non sappiamo le dinamiche dello spogliatoio etc..) con quanta più obiettività possibile, non significa non criticare e “accontentarsi” di qualsiasi risultato dovesse arrivare.