di Anna Iaccarino
Camminava nell’inconscio desiderio di un incontro
non cercava sguardi o cose perdute
solo la voglia di attraversare qualcosa
che parlasse emozioni sconosciute.
Improvviso, l’apparire di una sorgente
uno scorrere d’acqua di luce e riflessi
nella quiete di un silenzio assordante.
L’assoluto che non cerca altro
se non di perdersi nel nulla
di quel sentire muto
che ti riporta a casa anima in versi
di una poesia liberata.
Partendo da questo mio componimento in versi, provo a tracciare un breve pensiero su quel sentire silente che a volte chiede ascolto senza voci di ritorno. Quel ‘dentro’ in stralci di fermi, da lasciare esattamente così, come dei ‘fuori vita’.
In un percorso di crescita, ancor più in età matura, è una ispirazione esistenziale che spesso attraversa il nostro tempo, quel bisogno di staccarsi da tutto quanto si è stati o si è, per immettersi in passi liberi, senza corpo di meta. Quel senso di smarrimento momentaneo che può avere lo stesso effetto disorientante di uno stato effettivo e che, per il transito di quei frangenti, scuote uno scorrere dei giorni senza traiettoria. Portando a vedere quel posto nel mondo che con fatica si è conquistato, come qualcosa di esistente senza più essere, di cui liberarsi, anche solo mentalmente, per immaginare altro di sé. Nuove stanze da aprire al vivere dove silenziare il tempo compiuto e proiettarlo in un altrove sentire, per poi uscirne inalati in nuovi getti di nutrimenti d’aria.
Un po’ come ritrovarsi in una bassa marea e sentirsi imbrigliati nelle secche, una sorta di dimensione corporea che affonda anche nell’intimo sentire. Quello stato in bilico, nel quale valutare le varie opzioni di fuoriuscita, sapendo che nessuna sarà facile, perché la realtà ha sempre qualche via sbarrata da provare ad abbattere per poterne slacciare gli spazi liberi.
E alla fine, nonostante tutto, scegliere ancora la strada che guarda alla bellezza, al bene in tutte le sue infinite declinazioni, perché la vita è tutta lì.
L’umanità? Il tramite di distruzione o di salvezza, perché ne possa sopravvivere la speranza.
Nutrirsi di sé, sostenersi del sé, sospendersi dal mondo per riaversi in un tempo migliore.
Uscire dalla vita e guardarla da una porta socchiusa, farsi voglia di sé prima di rientrare con una nuova e diversa linfa. Cambierebbe la prospettiva sul mondo, su ciò che ci circonda, rimarrebbero nel tempo di ieri gli inganni, l’ipocrisia, la maschera che ci ha difeso, la doppiezza dei sentimenti. Resterebbe di guardia la resilienza.
Nulla più come prima, tutto come il domani.