La redazione
Nati come trio, esattamente il 14 febbraio del 2022 quando i Babasons, Evangelos, Vittorio e Walter, per la prima volta si sono ritrovati in sala a provare nuovissimi inediti, i tre musicisti partenopei, di base a Pomezia, hanno cominciato a suonare rock e cantare in dialetto napoletano fino all’arrivo di Thalatta, che ad oggi occupa il posto di cantante solista.
Dopo vari concerti a Roma e provincia, da segnalare in particolare l’apertura a Il Muro del Canto nel giugno del 2023 per una manifestazione a sostegno di “un ponte per” a Norma (LT), ad agosto sono cominciate le sessioni di registrazione poi finite a dicembre per la realizzazione di “Uanema”, il loro primo disco uscito il 3 febbraio scorso.
Il disco è rock e sudore, punk e tanta pancia, la voce potente di Thalatta tesse trame dal cuore. Il disco scorre che è una bellezza, e in alcuni punti fa sobbalzare dalla sedia.
In verità si tratta di un’interessante miscela di grunge e punk che dal vivo dà il meglio, dove l’energia e la comunicazione espressiva possono valorizzare le canzoni davvero ben scritte. Sono storie che attraversano il tempo, come furti autorizzati per spiegare la dannazione umana, utilizzando sistemi multipli che arricchiscono la comprensione.
Un disco che parrebbe essere una sessione serale di prove tecniche per un concerto: via la tecnologia, i software, la produzione che gonfia un prodotto e nasconde le reali capacità rappresentate. Semplice, diretto sporco, senza artifizi, decolora gli inganni e mostra i pugni, con testi che eseguono autopsie continue, e musiche capaci di camuffare combat folk con un rock esagitato e violento a tratti, dolce in altri. Ma c’è un sudore che cade sugli amplificatori e che ossida le bugie, le finte strutture e offre alla musica la verità.
Questo progetto ci ricorda che questo dialetto non appartiene solo ai trapper odierni, le precedenti generazioni hanno sempre sfruttato una tale musicalità per urlare con orgoglio le proprie emozioni! La lingua napoletana e quella italiana si schierano dalla parte del sostegno ai concetti espressi, alle storie, alle favole sbilenche che debbono essere raffigurate attraverso una scrittura molteplice, mai avversarie, ma portatrici sane di ricchezza. La musica pare essere la prima risorsa ubbidiente a queste avventure, la radiografia pulsante che ipnotizza, non divaga, sempre certifica la verità che trova nei versi e nei percorsi ritmici e melodici un sostanziale bacino espressivo, dove si pescano elementi che ci rendono più maturi.
I brani sanno spesso presentare, al loro interno, cambiamenti di atmosfera, di ritmo, con splendidi controcanti e cori che danno all’insieme una forma di completezza che non abbisogna di sovrastrutture. Canzone dopo canzone ci accorgiamo della loro attenzione per la storia di personaggi che provengono anche dal passato (Villanella sballata), in una processione di morali e accadimenti che si scambiano il palcoscenico, tra l’ironia e il polso fermo.
Thalatta & the Babasons è una combriccola di talenti con molta esperienza, capace di arrangiare un album dal profumo anni 90 ma ancora fresco, frizzante, e chiaramente non è soltanto merito del dialetto. C’è passione, speranza, resistenza, rimandi psichedelici quasi, pur se il lavoro rimane sempre ben strutturato. Infine è la voce a prendere le redini del racconto: urla, graffia, si ingrandisce e si affina, ci culla tra note e ritmi rock.
Lo scorso sabato 6 aprile hanno aperto il concerto di A Toys Orchestra al Wishlist di Roma.