Il consumismo ai tempi dei social e della crisi globale

Condividi su

di Christian Sanna

L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare! diceva con vena polemica Gino Bartali “quel naso triste come una salita/quegli occhi allegri da italiano in gita”, così lo vedeva e lo cantava Conte (Paolo) ex avvocato e cantautore di una raffinatezza unica, roba per pochi. Cosa direbbe ancora se fosse vivo il campione delle due ruote di questo lento declino morale, intellettuale, spirituale?  E cosa penserebbe di questi tempi bui, Yukio Mishima? Il grande, probabilmente il più grande (poco conosciuto dalle nostre parti dove leggiamo poco e soprattutto leggiamo male) scrittore giapponese, quello tanto per capirci, del Proclama del 25 novembre del 1970, dove dal balcone del Ministero della Difesa, pochi istanti prima del Seppuku il rituale del taglio del ventre, parlò alla Nazione mostrando tutta la sua insofferenza e delusione per un Giappone che stava cambiando perdendo il suo spirito più autentico.

Fabrizio (De Andrè) Piero (Ciampi) Luigi (Tenco) Leo (Ferrè) e la lista sarebbe molto lunga, quale Smisurata Preghiera o quale Adius avrebbero composto per questa società che è tutta e solo apparenza, stordita da una comunicazione quasi mai colta, diretta, efficace, educativa. E’ tutto in odore di gossip e così si affrontano i grandi temi con quel pressapochismo quella leggerezza o meglio superficialità che più che i programmi di approfondimento ricordano certi varietà (e su questa frase, sapessi suonare un oboe o un clavicembalo ci costruirei una canzone impegnata e un pò radical chic), sembra che ogni cosa dalla più seria alla meno venga portata avanti alla stessa maniera: monocorde, senza slanci, pathos, scintilla.

Oggi se una cosa non la pubblichi su Facebook o Instagram  sembra che non sia realmente accaduta, la gente ha bisogni di tagli, filtri, colori perchè è altamente infelice. Viviamo in una società consumistica dove si brucia tutto in poche stagioni, siamo ormai abituati ad articoli usa e getta ed usiamo e cestiniamo con disinvoltura proprio come fossero lamette, fazzoletti di carta ecc. anche le amicizie, gli amori, ogni tipo di relazione. Ci è stata data l’illusione di poter incidere semplicemente perchè possiamo scegliere fra duemila marche di elettrodomestici e di articoli sportivi, ma non partecipiamo mai davvero alle scelte importanti, alla costruzione di qualcosa che possa cambiare il presente per consegnarci un futuro migliore.

Ormai la politica la fanno i ricchi o quelli che ne hanno ereditato il ruolo (poi che importa se non hanno ereditato talenti e competenze) quindi il nipote che diventa deputato e guarda caso la coincidenza vuole che il padre è stato consigliere regionale e il nonno sindaco. Per fare politica ci vuole stabilità economica e molto tempo libero, una famiglia alle spalle che porta in dote i voti, tanti troppi…

Come è difficile credere alla favola di un Pinco Pallino che viene fuori dal nulla ed emerge solo per merito delle proprie capacità.  Ho la Nausea come o forse più di Sartre, quell’incapacità di dare un ordine preciso alle cose; l’esistenza ai miei occhi appare insensata perchè guerre, malattie, risse politiche, crisi economiche, i valori che cambiano, l’etica che non c’è, il rispetto che manca, il qualunquismo, la superficialità con cui si argomenta qualsiasi tematica. E’ chiaramente una società livellata verso il basso dove c’è spesso un mediocre che premia uno ancora più scarso proprio perchè è una spanna sotto e lì deve restare, in fondo le eccellenze spaventano, seppur piene di fascino, inquietano chi è privo di talenti ma colmo di ambizioni.

Così, non meraviglia più vedere in alto ad occupare ruoli di rilievo della gente che sta lì piatta come la scrivania che occupa, senza guizzi nè illuminazioni, alcuni incapaci di risolvere il cubo di Rubik quando dovrebbero risolvere problemi ben più grandi, taluni, i più geniali, in difficoltà persino nel fare la O con il bicchiere. Jim Morrison, uno che negli anni novanta stava su tutte le magliette mentre i suoi aforismi nobilitavano i diari di scuola, un poeta e soprattutto un uomo tormentato, uno che insomma se ne andato troppo presto ormai troppi anni fa disse viviamo in una società malata e parte della malattia consiste nell’inconsapevolezza di essere malati. Quindi prendere coscienza ed avere una diagnosi potrebbe essere già l’inizio della guarigione.

Provo a descrivermi in una frase, ma è un pò come rinchiudere il mare in un bicchiere. Allora potrei definirmi "Un solitudinista visionario animale sociale ed un cercatore di spiritualità, tutto occhi ed inquietudine, perdutamente innamorato dell'Idea che non è ancora riuscito ad afferrare, col cuore di cristallo. Fregato dai sentimenti". Ritengo superfluo aggiungere i titoli di studio conseguiti, i lavori svolti, gli eventi culturali organizzati e presentati, gli impegni nella politica e nel sociale. E se a qualcuno sta balenando in mente l'idea ( sbagliata) che io possa essere un insopportabile presuntuoso, sappia che è appena caduto nella rete che ho preparato. Io voglio che a parlare per me siano gli articoli; i lettori più attenti ci troveranno frammenti d'anima.