La Redazione
Di fronte a una realtà così invadente, la poesia è l’ultima forma letteraria che resiste al tempo del mercante. È irriducibile. È verità scomoda, come ci ha insegnato Pasolini, è vita allo stato puro, un grido denso di autenticità e un richiamo intimo che non conosce compromessi.
La raccolta “Vienimi a prendere” di Mariavittoria Picone è un sussurro, una richiesta, un’attesa carica di speranza. La poesia non come un rifugio estetico, ma come un campo aperto, dove la parola è un gesto che cerca disperatamente di colmare il diverso tra l’espressione e la vita stessa.
I versi di “Vienimi a prendere” sono un richiamo a un amore che superi la distanza, capace di riempire il vuoto e riportare “a casa”. Nei suoi versi, potenti e delicati, Mariavittoria Picone trasforma l’attesa in un gesto d’amore.
“Perché l’attesa stessa per l’autrice, come scrive Enza Alfano nella sua prefazione, è “mestiere” e promessa: “Aspettarti è il mio mestiere”. Un titolo che racchiude la riservatezza e la forza di chi, nonostante tutto, spera ancora.
Torneranno le ciliegie e le rose
sulla terra delle attese
nelle mani generose
che non si sono arrese