Sarà processato praticamente un anno dopo la morte di Ciro Esposito, Daniele de Santis.
Un anno in cui abbiamo imparato a conoscere ed apprezzare la figura di Antonella Leardi, la mamma di Ciro.
Che, fin dal primo momento, ha quasi meravigliato per la compostezza con cui ha affrontato e vissuto la tragedia della perdita di un figlio.
“Nella mia vita è piovuta una tragedia enorme e io ho scelto di vivere il mio dolore trasformandolo in gioia per altri, perché quello che è accaduto possa avere un significato”, ha dichiarato in occasione della presentazione del suo libro “Ciro vive” .
Un libro scritto affinchè il ricavato delle vendite servisse, attraverso l’omonima fondazione, a finanziare l’ospedale Paosillipon e il Policlinico romano dove Ciro fu trasportato in seguito all’aggressione di De Santis, e dove è deceduto dopo 53 giorni di agonia.
Contro di lei, colpevole solo di aver voluto esorcizzare il dolore attraverso l’impegno sociale, si è messa in moto la “macchina del fango”, accusandola, con degli striscioni ignobili esposti durante la partita Roma-Napoli, di voler “lucrare” sul dolore scrivendo libri e rilasciando interviste.
Inoltre, spuntano come funghi sui social network, vergognose pagine a sostegno di un assassino, che inneggiano all’odio verso i napoletani assolvendo il colpevole dal reato. Pagine che, nonostante le numerose segnalazioni effettuate agli amministratori di Facebook, non vengono rimosse perchè, a quanto pare, “rispettano gli standard della comunità”.
Ieri, per la Leardi, l’ennesima umiliazione: all’ingresso di Daniele de Santis in aula, per l’udienza di rinvio a giudizio, Antonella ha dovuto ascoltare i cori di parenti e amici che incitavano l’assassino di suo figlio a resistere.
“Il dolore che ho provato oggi è simile a quello che si prova durante il parto, quando l’ostetrica ti prende il figlio appena nato”. Con l’unica differenza – aggiungo da madre – che in quel caso sai che tuo figlio è in buone mani e che a breve te lo ridaranno lavato e vestito, e non pronto per essere sepolto.
Anche ieri, però, Antonella Leardi ha confermato il coraggio e la determinazione che l’hanno contraddistinta da sempre: “Mi hanno chiesto scusa? Mai. Ma non è a me che le devono presentare. A Dio un giorno lo devono spiegare quello che hanno fatto”.
Sono una per cui il gioco del calcio è, appunto, un gioco. Passione azzurra, ma non riesco a concepire neppure la discussione dai toni un po’ più accesi tipica di un post-partita. Sono una madre, con tutte le ansie e le preoccupazioni che il ruolo comporta. Io per Antonella Leardi nutro un’ammirazione e una stima infinita.
Non sono credente.
E spero che, prima di un ipotetico giudizio divino – troppo lungo a venire – ci pensi, SERIAMENTE, la giustizia italiana a punire Daniele de Santis.
Un assassino.