È finita. Niente finale di Europa League. Desolatamente e con tanto rammarico, il Napoli e Napoli vedono sfumare il tanto agognato viaggio a Varsavia. Dopo 26 anni non riesce agli uomini di Benitez di ripetere le gesta di Maradona e company.
Dopo Bilbao, un’altra notte europea dal sapore velenoso. Una stagione segnata da quella partita in terra basca, eppure proprio quell’eliminazione agostana che ancora brucia, e che tanti, troppi, strascichi ha portato e ancora porta, poteva regalarci l’obiettivo (non il sogno) di una finale europea. Ci siamo arrivati ad un passo, il sorteggio ‘favorevole’ ci aveva, troppo, illuso, ma Seleznyov, Boiko, Chereberyachko, Rotan e soci (arbitri inclusi) ci hanno riportato bruscamente sulla terra.
Troppo poco cattivo il Napoli andato in scena nella piovosa serata di Kiev, riuscito a far peggio del match d’andata. Anche stasera le scelte arbitrali condizionano e sfavoriscono pesantemente il Napoli, ma gli azzurri non hanno mai dato l’impressione di crederci, di voler vincere. Troppo poco ha fatto il Napoli per soddisfare le proprie ambizioni e quelle dei suoi tifosi. Dall’altra parte i giocatori del Dnipro hanno invece saputo interpretare alla perfezione i sogni e il senso di riscatto, anche solo attraverso una stupida palla, di un’intera nazione. Le parole di Fedetsky, intrise di patriottismo, sono eloquenti: ”Sognavo da tempo questa finale, sono orgoglioso e felice per la mia città, la mia squadra, il mio paese. Questa vittoria è per i nostri soldati, che ci stanno difendendo e sono loro i nostri eroi”.
Noi soldati che ci difendono non ne abbiamo, né eroi da ricordare sull’altare della patria, ma forse una partita diversa, più intensa, più carica, più viva, l’avremmo meritata. Davvero difficile capire perché gente come Maggio, Ghoulam, David Lopez, Inler, Britos, al netto dei loro limiti tecnici, dinnanzi ad un’impresa personale simile, che potrebbe non ripresentarsi più nelle loro carriere, non abbiano dato l’impressione di aver messo in campo tutto, ma proprio tutto. Il crollo dei big (Higuain e Callejon) o dei presunti e futuri big (Gabbiadini e Insigne su tutti) ha condizionato troppo l’esito di questa doppia sfida, trascinando l’intera squadra in una doppia serata sfortunata e da dimenticare.
Per consolarci, consapevoli che l’unica reale consolazione sarebbe seguire con english style il cricket, addossiamo tutte le colpe a Platini, Collina e ai due arbitri più collaboratori, che oggettivamente tra andata e ritorno, hanno danneggiato il Napoli. Un secondo, un solo secondo e poi riprendiamo la sfilza di bestemmie (laiche) verso i nostri beniamini…….
Pagelle
Andujar: Sul gol potrebbe essere più reattivo; buon intervento nel primo tempo. Voto 5
Albiol: Partita attenta, uno dei pochi a salvarsi. Voto 5+
Britos: Sulla rete ha responsabilità, ma subisce fallo. Un difensore con maggiore esperienza, poteva essere meno ingenuo. Perché non protesta? Voto 5-
Ghoulam: Si propone molto, ma non indovina nulla in fase offensiva. Voto 4.5
Maggio: Tre anni di contratto, vi prego, ditemi che è uno scherzo. Gli voglio bene, ma non era meglio un solo annetto? Speriamo almeno sia affiancato, nel suo ruolo, da un giocatore di livello assoluto. Voto 4.5
Inler: L’assist dopo 8 minuti per Higuain è illuminante, poi poco altro, combatte. Voto 5++
David Lopez: Due errori gravissimi nel primo tempo. Voto 4-
Callejon: Solo l’impegno non basta. Voto 4-
Insigne: Versione Insigne 1.1: inconcludente e inutile. Andava sostituito nell’intervallo. Voto 4
Gabbiadini: L’avessimo visto per la prima volta oggi, l’avremmo rispedito a Genova. Si segnala per tre falli fatti e il nulla assoluto. Lui è la chiara dimostrazione che in certe partite, anche contro squadre appena sufficienti, non servono solo tecnica e qualità, ma anche esperienza e abitudine a certi palcoscenici. Come Insigne andava sostituito dopo i primi 45 minuti di buio totale. Voto 3
Higuain: Dopo 8 minuti ha il pallone che significa finale, come all’andata colpisce il portiere avversario. Per tutta la partita è disastroso, non vince contrasti, sbaglia tutto; stasera l’avrebbe fermato anche un difensore dilettante, attempato e infortunato. E gli attributi di Doha oramai sono solo uno sbiadito ricordo… Voto 1
Subentrati:
Hamsik: Qualcosina in un deserto di ‘strafottenza’. Voto 5+
Mertens: Fumoso, ma almeno mette vivacità. Voto 5.5
Henrique: Non c’era Zapata in panca, entra il brasiliano, per far alzare Maggio nella linea dei 4 d’attacco, in un cervellotico 4-2-4…. Avessimo giocato 58 ore, il pallone non sarebbe entrato. S.V.
Benitez: Anche nel suo pezzo forte, le coppe, quest’anno tradisce le attese, semifinali amare sia in Coppa Italia che in Europa League. Poteva sostituire prima Insigne e Gabbiadini, poteva provare un assetto diverso inserendo sin da subito Hamsik in mediana, ma oggi, come troppo spesso, è mancata voglia di vincere, fame, ardore, intensità, entusiasmo, passione. Ingredienti che un allenatore deve saper trasmettere, coadiuvato da una società (nel nostro caso assente) e da un ambiente (nel nostro caso uterino e immaturo). Il bilancio della stagione si avvia verso l’insufficienza, prima però aspettiamo le ultime tre e salviamo il salvabile. Con tutta onestà poi, stanotte di fare disamine più approfondite, proprio non ci viene.
Arbitro: Il loro gol è da annullare, Higuain viene fermato davanti a Boyko per un off-side che non esiste; Kankava gioca a pallavolo, chiede venia e non viene ammonito, dopo poco, lo stesso centrocampista calvo ucraino, in area trattiene Maggio, l’arbitro sorvola, come nella ripresa per un fallo di mano, braccio largo, di un difensore ucraino. Almeno ammonisce: 6 i gialli per gli ucraini, 3 per noi. Da un norvegese ad un serbo, la sostanza muta poco, troppo poco. Voto 4
Dnipro: Tra andata e ritorno 2 reti irregolari, dato oggettivo che non vuole sminuire l’impresa fatta da questa squadra, che ha saputo unire un paese intero. Stasera molto più propositivo rispetto al match di andata, ha messo in mostra la solita solidità difensiva e qualche discreta individualità, ma soprattutto ha vinto perché ha voluto vincere, ha creduto nella finale, ha osato, ha combattuto, senza disdegnare un pizzico di fortuna e le ex giacchette nere. Il Siviglia non è il Napoli.
Gli episodi nell’arco dei 180 minuti, indubbiamente sono andati tutti a nostro sfavore, contro una squadra modesta ma non troppo, arcigna e risoluta, combattiva e desiderosa dell’impresa, si poteva e doveva fare di più. L’ennesimo calice amaro di una stagione, che va conclusa con uno scatto d’orgoglio utile a raggiungere un obiettivo, che può salvare in parte l’annata.
Ennesima bile da digerire, di una vita da tifosi azzurri. Al netto però della delusione enorme di questa nefasta e insonne nottata, non si dimentichi che eravamo in una semifinale europea e ancor più si consideri questa avventura un punto di partenza e non un punto di arrivo.
I giocatori, i mister, la società crescono se e anche l’ambiente dimostra maturità, attaccamento reale e sanguigno. Critichiamo a giusta ragione lo scarso mordente dei ragazzi in campo, ma un esamino di coscienza dovremmo iniziarlo a fare anche noi tifosi, sempre più distanti, anche fisicamente, dalla nostra Fede. Il web, i social-network ci hanno incattivito e imborghesito oltremodo, l’appartenenza ideologica alle fazioni a cui si è deciso di ‘aderire’ (pro e vs Benitez, pro e vs De Laurentis, nostalgici di tutte le specie) supera la sola e suprema Fede che dovrebbe guidarci.
Si tifa sempre più ‘contro’ le altre squadre (nel nostro caso, una in particolare) e la sconfitta viene vissuta come un incubo non solo per il dolore interiore che provoca, ma anche per gli sfottò che tempestivi, arrivano dai tifosi di altre squadre (nel nostro caso, sempre una in particolare). Senza contare le ‘guerre civili’, le faide tra fazioni dopo ogni partita e l’arroganza, ingiustificata, di credere di dover vincere tutte le partite 4-0 e di meritare palcoscenici importanti solo perché a Napoli abbiamo il sole e la sfugliatella.
In questo modo, crescere diventa ancora più difficile, le semifinali in Italia e in Europa, magari le finali e le coppe al cielo, devono e possono diventare un’abitudine, dipende ovviamente in primis dall”alto’, dalle reali volontà e potenziali di chi possiede il Napoli, ma molto dipende anche da noi ‘comuni mortali’ che amiamo quei colori. Mettiamo da parte tifosometri e puerili rivendicazioni personali, critichiamo, oscilliamo dall’entusiasmo alla depressione in base al rendimento della squadra, trattasi di reazioni umane e ovvie. Non dimentichiamo però che il fine dev’essere uno solo: non ‘atteggiarsi’ (pavoneggiarsi) ad allenatori, procuratori, analisti di mercato, massaggiatori, ma sostenere e vivere, vibrare per quel maledettamente intenso legame con i nostri colori, che tanto ci fa soffrire e (a volte) gioire. L’essenza del tifoso in due verbi resi immortali da un poeta latino: odi et amo. Avanti Napoli.