Il suicidio come ‘risoluzione’dei Mali e delle Sofferenze dei nostri tempi, dilaga nella misura in cui dilagano la disoccupazione, le difficoltà economiche, l’incomunicabilità tra politica, popolo ed istituzioni. Due casi di suicidio nella provincia di Napoli: un ragazzo di venticinque anni lanciatosi dal settimo piano della propria abitazione nel centro di Pomigliano; ed un uomo di sessant’otto anni gettatosi sui binari della circumvesuviana all’altezza di San Giovanni a Teduccio (salvatosi grazie alla solerzia del macchinista). Un giovanissimo ed un adulto con problematiche uguali: sbarcare il lunario in una società priva di lavoro, di assistenza e di supporto per le fasce deboli.
Altro fatto di cronaca legato al disagio ed alla disperazione, è stato l’omicidio plurimo – di qualche giorno fa a Secondigliano- da parte di un infermiere dell’Ospedale Cardarelli, compiuto per un raptus scatenato da futili motivi. Appassionato per la caccia, Giulio Murolo di 48 anni, ha imbracciato il suo fucile ed ha sparato – senza tregua alcuna – prima contro la propria famiglia all’interno del palazzo, e poi, dal balcone di casa, contro gli ignari passanti. Infuriato nei confronti di un vicino di casa per un filo sul quale stendere i panni, ha sfogato la propria rabbia contro tutti, anche contro i suoi affetti familiari. Occorre chiedersi perché sono così forti il disagio ed il malessere sociale tanto da portare a gesti inconsulti di disperazione. Come risvegliare l’attenzione sulle sofferenze di chi, per mancanza di lavoro, non riesce a vivere dignitosamente? Perché il disagio è sentito così forte dalle persone da spingerle al suicidio a commettere degli omicidi? Il governo parla di Welfare, di vicinanza al cittadino, ma la gente si sente sola. La politica allarga i confini oltralpe, si conforma all’Europa, apre le porte ai clandestini, adotta iniziative di crescita d’immagine come con l’Expo di Milano e poi, invece, la gente, quella comune, si sente abbandonata, lasciata in balia dei propri problemi. E’ come se lo Stato avesse viaggiato tanto, come se avesse visto ed aperto gli occhi verso i migliori luoghi al mondo e, poi, si fosse dimenticato di ogni paese, di ogni quartiere, di ogni rione della nostra Penisola. Proiettato all’altrove e senza guardare ai lati delle proprie braccia, lo Stato è come se fosse monco, privo degli arti per prendere in braccio chi chiede aiuto ed assistenza. Mancano le certezze, mancano i punti di riferimento, manca la forza necessaria per ribaltare il percorso di declino e di crisi in cui ci hanno rinchiusi negli ultimi anni, manca l’intelligenza reattiva per combattere le brutture del vivere e ci si lascia ostacolare – parafrasando con i temi dell’aridità esistenziale di Montale – cadendo a terra come un “cavallo stramazzato”.E mentre lo Stato taglia le assunzioni e investe nello sviluppo lasciando indietro la crescita culturale e sociale del Paese, la gente , purtroppo, si lascia prendere dalla disperazione, perché le restrizioni anti-crisi hanno compresso anche le speranze.