Articolo comparso su Omissisnews.com
(per gentile concessione)
Diventare madri: un insieme di emozioni, gioie, fatiche e sensi di colpa. I sensi di colpa arrivano, per tutte. Il primo coincide, solitamente, con la ripresa dell’attività lavorativa dopo il periodo di maternità. E spesso è doppio: non riuscire a essere una buona madre, attenta, capace e sempre presente e non riuscire a lavorare al meglio, perché distratta dal pensiero del figlio.
Ma uno studio della Harvard Business School ci dovrebbe tranquillizzare: i figli delle madri lavoratrici hanno una maggior probabilità di trovare una occupazione, di guadagnare bene e di raggiungere posti di comando rispetto ai figli delle madri casalinghe. Lo studio sostiene anche che i figli delle madri lavoratrici si prendono più cura degli altri membri della famiglia e collaborano più sovente e meglio nelle faccende domestiche.
Ciò che colpisce maggiormente è il fatto che le figlie delle donne che lavorano si dimostrino più inclini a ruoli di supervisione. “Si può concludere che la prima categoria di madri riesce a influenzare la considerazione che i piccoli e poi i ragazzi avranno del ruolo della donna e dell’uomo nella società” ha spiegato la professoressa Kathleen McGinn, prima autrice dello studio,citata dal sito Quartz.
Significativo anche l’impatto della figura materna sui redditi dei figli. Lo stipendio delle figlie di madri lavoratrici negli Usa supera di 5.200 dollari annui quello delle figlie di donne a casa dal lavoro.
Lo studio rassicura,in definitiva, le madri lavoratrici: conciliando lavoro e famiglia, si è di esempio alle figlie che quindi maturano il desiderio di fare carriera e ai figli che crescono con una visione delle donna più completa e non legata esclusivamente alla casa e alla cucina. La donna che lavora ha dunque anche un importante ruolo sociale e di educazione.
Favorire il lavoro femminile, la possibilità di accedere in egual misura, donne e uomini, ai posti di responsabilità, cosa ancora molto difficile in Italia, è davvero il primo importante passo per cambiare la visione della donna. Al di là delle offensive “quote rose, al di là giornate mondiali contro la violenza, al di là dei discorsi, spesso vuoti, sulla parità di genere.Serve un’educazione che cominci da bambini, all’interno delle famiglie e che poi si sviluppi, seriamente, nella scuola e nel mondo del lavoro.