- Di Padre Maurizio Patriciello
( Articolo apparso su “ Avvenire” martedì 1 Setttembre 2015)
È stata gettata via tra i cumuli di immondizie. Ad Afragola, nel Napoletano. L’hanno trovata i netturbini all’alba di sabato scorso, avvolta negli stracci e nei cartoni. Invece era una donna. Una persona che ha sofferto, sperato, amato. Gli inquirenti ancora non hanno potuto darle un nome. Forse una senzatetto o una prostituta. Ma che importa? Ogni uomo è mio fratello, ogni donna è mia sorella. E ha il diritto di essere amato. A pochi chilometri di distanza, a Castello di Cisterna, la sera di quello stesso giorno, avviene una rapina a mano armata in un supermarket. Un fatto di cronaca destinato a passare inosservato, vista la frequenza con cui i cittadini campani restano vittime di rapine, furti, scippi. La disoccupazione da queste parti ha raggiunto vette da capogiro. C’è tanta miseria e non solo degli stranieri. Purtroppo aumentano sempre di più le famiglie italiane costrette a tirare la cinghia. Due rapinatori, armati di pistole, dunque, nascosti dietro i caschi, fanno irruzione nel negozio. Si portano alla cassa e arraffano il denaro disponibile. Un misero bottino: 300 euro in tutto. Le persone presenti, terrorizzate, trattengono il fiato, sperando che l’incubo abbia a finire presto. Nessuno, infatti, può dire come vanno queste cose, la lista delle vittime innocenti della camorra e della malavita è lunga. All’improvviso succede qualcosa. Un giovane lascia il carrello della spesa, si fa avanti, affronta uno dei rapinatori e tenta di disarmarlo. Chi è? Un poliziotto in borghese? Il proprietario del negozio? No, è un semplice cliente. Uno che avrebbe potuto farsi i “fatti suoi” e tornarsene a casa. Ma non basta. L’uomo è uno straniero. Un ucraino di 38 anni, giunto in Italia, come tanti suoi connazionali, soprattutto donne – le fiere donne dell’Est – in cerca di lavoro. Le care “badanti” straniere. A queste persone, lontane dalla patria e dagli affetti, vorremmo dire un grande grazie. È vero, anche noi non ce la passiamo bene. È vero, quando i tempi si fanno duri si è portati d’istinto a serrare le file. A controllare le frontiere. A chiudere i varchi. Ognuno a casa sua. Eppure non può e non deve essere così. D’altronde, a conti fatti, non ci converrebbe. L’uomo di cui parliamo ha un regolare permesso di soggiorno e lavora nell’edilizia. Ha una moglie e tre figli da mantenere. Che cosa lo ha spinto a lanciarsi contro i delinquenti? Forse il timore che potessero far male alla commessa dal volto pallidissimo. Forse la rabbia di dover vivere in un mondo in cui la violenza e il sopruso la fanno tante volte da padrone. Non lo sapremo mai. Ciò che sappiamo con certezza è che quest’uomo coraggioso, questo straniero, è stato freddato con due colpi di pistola sparati a distanza ravvicinata da uno dei rapinatori. Una vigliaccata. È morto sotto gli occhi della figlioletta di due anni appena. Adesso i commenti si sprecano. Per il sindaco di Castello di Cisterna e per tanti altri non si discute: è un eroe. Purtroppo c’è anche chi lo accusa di essere stato solo un temerario. Ma un eroe, in un modo o nell’altro, non è sempre un temerario? Se corri in aiuto di una donna che sta per essere violentata sai bene che corri il rischio di finire male. Quando vai in Questura a denunciare il camorrista che ti ha chiesto il pizzo, hai già messo in conto quello che ti potrà accadere dopo. La vita è fatta di scelte. E quando scegli di stare dalla parte del bene non ti siedi a tavolino a fare i calcoli. L’uomo davanti al quale ci inchiniamo si chiama Anatolij Korov. Se sia un eroe non lo so. So solo che aveva un cuore grande e generoso. Che la sua morte non sia vana, ma possa insegnare a tutti che essere buoni o cattivi, codardi o coraggiosi non dipende dal colore della pelle né dal Paese in cui si è nati.