- di Simone Di Meo, Articolo apparso su “Lettera 43” Domenica 20 Settembre 2015.
Un gladio tra i ramoscelli. Le cosche del rione Sanità imbrattano il tribunale.
Procura e detenuti di Poggioreale avvisati: in città c’è un nuovo padrone.
Mentre la città s’indigna per l’uscita di Rosy Bindi («La camorra è un elemento costitutivo di Napoli e della Campania») i clan, quelli veri, quelli che si stanno facendo la guerra e che non sanno nemmeno che cosa significhi commissione Antimafia, hanno preso a schiaffi quel che resta del senso dello Stato.
Sul muretto d’ingresso del tribunale, a Piazza Cenni, è comparso il marchio delle cosche del rione Sanità, il quartiere bunker dove il 17enne Genny Cesarano è stato ammazzato per errore.
UNA SPADA ROMANA. È un gladio, la spada romana, affiancata da due ramoscelli.
«Una simbologia che risale agli Anni 70, quando la criminalità organizzata andava a braccetto coi fascisti», spiega a Lettera43.it un investigatore.
«Erano i tempi del boss Giuseppe Misso e della strage del Rapido 904 e dell’omicidio di Iolanda Palladino, la giovane studentessa arsa viva dalla molotov lanciata da due camerati della famigerata sezione ‘Berta’ del Msi per punire i comunisti che festeggiavano l’exploit alle elezioni del Pci».
REGNO DEI BABY KILLER. Quel gladio, oggi, lo impugnano baby killer che seminano terrore e morte nei vicoli in cui ancora aleggiano i versi di Eduardo De Filippo e le risate di Totò.
Giovani spregiudicati, poco più che adolescenti che stanno provando a scalfire il potere della vecchia guardia per prendersi puttane e cocaina, racket e usura nella zona del Mercato e di Forcella.
Si riconoscono per la barba hipster che esibiscono durante le ronde in sella a potenti moto, armi in pugno.
E per i tatuaggi inneggianti all’onore e all’omertà che gli marchiano la pelle degli avambracci e delle spalle.
Sono pazzi, è gente senza dio.
POLIZIOTTI BRACCATI. Due poliziotti hanno dovuto interrompere il pedinamento di un grosso narcotrafficante perché erano stati scambiati per sicari del gruppo rivale.
Prima che iniziassero a fischiare le pallottole sopra le loro teste, gli agenti hanno saggiamente preferito allontanarsi ed evitare un conflitto a fuoco dagli esiti imprevedibili.
Messaggio ai detenuti di Poggioreale: c’è un nuovo padrone
L’esplicito cartello che pubblicizza la vendita di schede prepagate anonime a Napoli. La criminalità non si nasconde più.
Quel disegno ha anche un altro significato: è un messaggio diretto ai detenuti del carcere di Poggioreale, che affaccia proprio su Piazza Cenni, per rimarcare che i nuovi padroni di Napoli sono loro, sono i bambini dal grilletto facile.
Non si muove più nell’ombra, la Bestia.
Ha finito di sgattaiolare come un topo impaurito nelle fogne.
È tracotante e prepotente, oggi.
DELINQUENZA ESPLICITA. Chi si sognerebbe, altrimenti, di piantare in strada un cartello come quello che pubblicizza “schede prepagate anonime” a corso Secondigliano, il rione dei grandi narcos campani?
È un invito a delinquere, quell’avviso di vendita: un modo per insegnare ai banditi come evitare le intercettazioni telefoniche e vivere (relativamente) tranquilli.
DUE GIORNI DI RIUNIONI. A Napoli per due giorni, la commissione parlamentare Antimafia ha ascoltato rappresentanti delle istituzioni, associazioni e investigatori per cercare di capire quel che tutti sanno ma che, puntualmente, dev’essere riesumato alla memoria: l’esplosione delle galassie mafiose ha creato una tempesta di meteoriti impazziti che stanno cadendo sulle terre del Vesuvio.
Non bastano più le manette. Servono programmi di riqualificazione territoriale.
«BASTA NEGAZIONISMI». «Io stesso ho definito già in passato la camorra elemento costitutivo della società napoletana. Se non guardiamo in faccia questa realtà, se proseguiamo con i negazionismi, non possiamo approntare interventi strutturali per combatterla», ha detto il procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti provando a spegnere l’incendio divampato dopo l’attacco della Bindi.
MA COLANGELO MINIMIZZA. Un colpo secco che ha fatto rizzare i capelli pure a uno che dovrebbe essere d’accordo col capo della Dna, ma che invece sostiene esattamente il contrario. «La camorra non è nel sangue dei napoletani che non hanno una propensione al crimine. La criminalità rappresenta una minima percentuale della popolazione rispetto ai cittadini che vogliono vivere in pace». Ecco, questo lo dice Giovanni Colangelo.
Non il primo che passa, ma il procuratore della Repubblica di Napoli. E poi dicono che Napoli non è una città troppo complicata.