Da sempre, per ogni periodo storico, si è affermato un tipo di lavoro innovativo per caratteristiche e rivoluzionario per natura. E’successo negli anni ’90 con la cosiddetta “apertura delle frontiere”, che ha visto molti giovani scegliere percorsi di studio e lavoro intersecati con la conoscenza delle lingue. E’accaduto, anche, che con il diffondersi della tecnologia informatica si sia verificata la preponderante propensione agli studi tecnologici per intraprendere lavori e carriere affini ai new media. La storia d’Italia, la storia del mondo, dunque, hanno sempre costituito la scenografia mobile del progresso e regresso nel mondo del lavoro. Si pensi anche agli anni ’50, gli anni della rinascita e della ricostruzione, in cui ci fu una grande possibilità di impiego con lavoro, in prevalenza, nelle industrie e nelle imprese. Oggi, siamo nell’era dei dati, dell’ infinita moltitudine di dati da conservare, archiviare e ripristinare all’occorrenza: info, foto, immagini, video; i dati crescono di ora in ora; minuto dopo minuto aumentano le riserve di dati, da quelli personali a quelli di aziende, amministrazioni, multinazionali, banche. Il 90% di questi dati, come hanno riscontrato alcune ricerche, è stato creato nei soli ultimi due anni. In siffatto quadro, la esigenza è quella di avere figure lavorative di riferimento in grado di acquisirli, conservarli e assolvere modesti compiti operativi, ma principalmente per analizzarli e interpretarli opportunamente. Queste necessità prevedono l’intervento di un professionista specifico, che rientra nella denominazione di Data Scientist, e che racchiude tra le sue competenze molte esperienze e specializzazioni.
L’elaborazione dei dati si è da sempre effettuata ad opera di professionisti della statistica, ma la mole di dati della moderna società complessa dei nostri giorni ha visto la nascita di discipline come la Data Mining o la Statistical Machine Learning. Il processo di digitalizzazione, che ha travolto tutti i settori industriali, ha ampliato ulteriormente queste necessità facendo nascere la figura professionale del Data Scientist, con le sue capacità di analizzare e interpretare dati.
Il data scientist è, dunque, un professionista con una serie di competenze che permettono alle aziende non solo di sfruttare i dati disponibili per generare vantaggio competitivo, ma anche di creare nuovi modelli di business.
Abbiamo chiesto a Valerio Cestrone, Data Scientist, di raccontarci il percorso formativo che ha intrapreso per capire meglio e di più questa nuova figura professionale.
Cestrone ci racconta che il percorso non è breve né chiaramente strutturato. Sebbene negli ultimi anni le università e gli enti di formazione abbiano implementato nuovi programmi interdisciplinari il suo percorso è sostanzialmente fatto in maniera autonoma e molto personale, strutturato secondo attitudini, studi individuali e opportunità aziendali per sviluppare quelle che sono le caratteristiche principali di questa professione: le conocenze informatiche, le competenze statistiche e lo spirito di adattamento (Hacking skills).
Dopo essersi diplomato al liceo scientifico della Scuola Militare della Nunziatella di Napoli, Cestrone ha conseguito la Laurea Triennale in Finanza e poi la Laurea Magistrale in Economia e Commercio presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Ha arricchito il suo percorso formativo con importanti esperienze di Volontariato presso la AIESEC (La più grande Organizzazione Non Governativa al mondo interamente gestita da studenti) come Presidente Locale, Internal Auditor ed Intern a Lahore (Pakistan); presso il MSOI (Movimento Studentesco per l’Organizzazione Internazionale) come Presidente Locale; è stato cooptato per il REXUS 16 (Progetto Aerospaziale gestito da ESA – European Space Agency) con funzione di Corporate Relations & Media. Diverse le esperienze professionali: Web Developer – Freelance – socio di una startup innovativa e responsabile per lo sviluppo di un SaaS (Software as a Service) nell’ambito della gestione dell’intelligenza collettiva.
Diverse le esperienze di tipo accademico che Cestrone ha affrontato con dinamismo e serietà nel corso della sua formazione. E’ un peccato però che Valerio Cestrone, sia l’ennesimo eccellente cervello in fuga dall’Italia. Valerio, infatti, ci ha riferito di aver scelto di trasferirsi a Stevenage (UK), perché in Italia le tasse e le aziende lo hanno pressato e svilito, perché le opportunità in Inghilterra per lui si amplificano, perché certe professioni in Italia stentano a decollare. Con orgoglio i nostri “buoni cervelli emigrano”, in questo caso nel Regno Unito, ma sarebbe molto più bello, costruttivo, degno di sviluppo se certe forze lavorative rimanessero in patria per una crescita esponenziale tra ricerca, dati, business e sviluppo economico.