Viviamo nel mondo delle interconnessioni, dei bit, dello scambio dei dati. Siamo l’era del digitale e il nostro mondo vive ormai di pane e tecnologia.
Abbiamo attraversato diverse rivoluzioni nel corso del tempo e l’ambito tecnico è sempre stato al centro di evoluzioni e sconvolgimenti che hanno completamente cambiato il sistema industriale e con esso quello lavorativo. Ci troviamo nel pieno della quarta rivoluzione industriale, quella che sta portando il nostro modo di intendere le industrie e non solo in qualcosa di completamente diverso.
Ogni anno si svolge a Davos il summit del World Economic Forum e i risultati presentati quest’anno hanno impressionato e preoccupato non pochi. Un’infografica ha spiegato come da qui al 2020 cambieranno completamente le abilità richieste per i lavoratori per far fronte alle nuove occupazioni dell’era del digitale. Molti titoli hanno sbandierato l’idea – sostenuta da non pochi – che le nuove frontiere della tecnologia applicate al settore industriale possano essere la causa di un elevato tasso di disoccupazione. La situazione non è questa.
L’abilità sta nel saper adeguare la propria forma mentis alla domanda di lavoro del tempo.
La tesi portata avanti durante il Summit parlava di “Disruption of skills” ovvero distruzione di abilità o competenze che saranno migliorate e sostituite da altre per fronteggiare il cambiamento. Proprio il cambiamento è una parola che ha una grande responsabilità. Riuscire a cambiare e stravolgere settori lavorativi significa rimescolare il sistema del lavoro e dargli un’impronta totalmente diversa.
L’era di internet ha avuto questo impatto. Le interconnessioni, lo scambio dati, l’irruzione delle app, l’arrivo dei social, la nascita di startup hanno completamente rivoluzionato i mercati. Questi cambiamenti hanno sfornato nuovi lavori, nuove occupazioni. Il non saper fronteggiare e approfittare di questo cambiamento genera regresso. Il problema della possibilità che da qui a pochi anni tante occupazioni non esisteranno più sta nel fatto che non ci si vuole adeguare al dinamismo dei nostri tempi.
Facebook è il quotidiano più letto al mondo senza essere una testata giornalistica , Amazon il negozio più visitato, Uber fornisce un sistema di trasporti senza avere di per sé mezzi di trasporto, lo stesso succede per Airbnb che fornisce camere d’albergo o appartamenti senza di fatto detenere alcuna proprietà.
Questa è semplicemente l’era della Sharing economy. E’ un nuovo modo di fare economia a partire da un pc. Questa evoluzione ha spaventato non poche persone e non pochi governi che spesso non legalizzano l’utilizzo di questi sistemi – un esempio è Uber che in Italia è considerato illegale così come in altri paesi.
Le grandi economie giocano il loro business sulla capacità di riconoscere la direzione del futuro e il futuro del lavoro è tutta qui, viaggia tutta sul saper creare forza lavoro che abbia competenze specifiche.
Parliamo di creatività, emotività, empatia, intelligenza emotiva, leadership, conoscenze informatiche. E’ tutta qui la rivoluzione. I risultati esposti al Forum hanno visto l’Italia tra i paesi meno devoti al cambiamento digitale non considerando la possibilità di ottenere grandi vantaggi grazie alle ricchezze del nostro paese.
La tecnologia è uno strumento flessibile di cui il nostro turismo per esempio, potrebbe beneficiare in maniera molto redditizia. Basti considerare come Airbnb abbia avuto risultati grandiosi nel nostro paese negli ultimi anni, contribuendo a fornire nuovi spazi per i turisti. E’ a questo tipo di tecnologia che bisogna dare spazio. La ricchezza della nostra cultura e della nostra arte potrebbe essere validamente utilizzata per innovare il modo di concepire il turismo e con esso le occupazioni che vi sono legate. Lo stesso vale per il settore manifatturiero, dove gli e-commerce potrebbero essere un proficuo strumento di distribuzione dei nostri prodotti nel mondo. E gli ambiti di applicazione di questo nuovo modo di concepire il lavoro ne sono moltissimi.
Il segreto sta nello sfruttare le nostre ricchezze, approfondire nuove competenze e metterle a disposizione del cambiamento.