Quindici anni dopo, il ricordo dell’11 settembre 2001 è, ancora, molto vivido ed intenso: quella data ha rappresentato un evento cruciale nella storia del secolo appena iniziato, per certi aspetti non meno importante del 14 luglio 1789 per la storia del XVIII secolo.
Da quel momento in poi, l’Occidente ha scoperto la propria fragilità, visto che, fino al 2001, la guerra era stata solo un’esclusiva dei Paesi arabi ed asiatici.
Invece, dal 2001 in poi, si è persa la verginità del nostro mondo: non solo gli Occidentali hanno compreso di essere obiettivo dell’integralismo islamico, ma hanno percepito il dramma della morte violenta, come non mai era avvenuto alle nostre latitudini.
Da quel momento in poi, nulla è stato identico a prima: infatti, non solo i tempi e le dinamiche della quotidianità sono mutati radicalmente, ma soprattutto è cambiata la percezione della vita, della sua evidente precarietà, in virtù del legame che esiste fra integralismo religioso e conseguente azione politico-militare.
Non solo gli Stati Uniti d’America hanno avvertito quell’evento come una sconfitta indicibile, ma anche l’Europa ha subito un contraccolpo di non poco peso: infatti, da quell’11 settembre in poi, il legame con gli USA è stato, ineluttabilmente, più forte e ciò ha inciso sulla formazione delle nuove classi dirigenti, costrette ad un atlantismo, ormai, divenuto ineludibile.
La competizione fra Est ed Ovest, che aveva caratterizzato la storia della seconda metà del Novecento, si è spostata su base planetaria, per cui il nemico di turno è divenuto un sentimento – l’integralismo religioso – che è in grado di muovere, purtroppo, popolazioni intere in virtù della promessa di un Paradiso trascendente.
Il cambio della politica internazionale ha, quindi, influito sulla vita degli Stati non meno di quanto abbia rideterminato la vita dei cittadini nelle loro occupazioni giornaliere: ad esempio, provare a prendere un aereo è divenuto, da quella data, operazione invero improba per i molteplici controlli, che vengono sistematicamente fatti dalle autorità giudiziarie.
Un mondo siffatto è, certamente, peggiore di quello che si era tentato di modificare nel corso del secolo precedente: l’insicurezza lo domina in modo capillare e diffuso, per cui tutti gli uomini, finanche quelli che un tempo erano più disincantati, hanno iniziato la ricerca di una Verità da contrapporre a quella dei terroristi, una certezza che sia – ad un tempo – in grado di rassicurare sia le ansie delle masse, che quelle private dei singoli.
Ma, quell’11 settembre 2001 assai funesto ha fatto dimenticare un altro 11 settembre, altrettanto drammatico, che – però – ricordano in pochi: l’11 settembre 1973 veniva ucciso il Presidente cileno Salvador Allende, reo di condurre nel suo Paese una politica economica di tipo socialista, finalizzata ad espellere gli interessi americani dal Sud America ed a portare le popolazioni latino-americane sulla strada dell’autodeterminazione, finanziaria e produttiva.
Anche, quella fu una data significativa per le popolazioni, che furono costrette a subire l’uccisione del loro leader indiscusso: in quell’occasione, gli Stati Uniti d’America furono protagonisti attivi di un disegno strategico criminale, che culminava appunto con l’uccisione, assai simbolica, di chi – più di altri – aveva avuto il coraggio di alzare la testa rispetto ai diktat della diplomazia statunitense e delle grandi multinazionali nord-americane.
Due date, quindi, 11 settembre 1973 ed 11 settembre 2001, che danno inizio e ridefiniscono il primato americano sull’orbe: certamente, il mondo non è migliorato per effetto di tali eventi e delle paure che essi hanno indotto, ma in verità si è percepito, grazie a questi fatti, che la storia dell’umanità è destinata a capovolgimenti, tanto rapidi quanto imprevedibili, che modificano le coordinate dell’esistere quotidiano, così come il funzionamento di complessi apparati, economici ed istituzionali.