di Mario Piccirillo
Oggi è il giorno. Non il 4 dicembre. Oggi è il giorno in cui comincio a considerare gradevole l’ipotesi di una condanna al 41 bis. Oggi è il giorno in cui Adolf Hitler è comparso sul mio Facebook e in un paio di gruppi di WhatsApp, e si è messo a disquisire ben virgolettato sul “metodo più efficace per prendere il controllo dei popoli”, argomentando così il suo sotteso endorsement per il No. Ché lui di “derive autoritarie” è un campione, eh. Oggi è il giorno in cui, non più disposto ad esercitare il mio rituale più snob – restare in silenzio ghignando di presunzione – analizzo nel merito la questione referendaria: ci avete ucciso la salute!
Non può valere tutto. No. C’è un limite anche alla umana e scafatissima comprensione della comunicazione politica di prassi, e si intende superato ai primi conati di vomito. Non potete riesumare a vostro uso e consumo una delle più trite bufale del web – quell’estratto del Mein Kampf che non esiste sul Mein Kampf – per abbinare al Sì referendario Adolf Hitler. C’è un sacco di gente qua fuori che, senziente e mediamente istruita, si bea di fronte a cotanto acume, a questa irrefrenabile fantasia di cattivo gusto nella rappresentazione dell’altro politico. Gente che mi sta facendo una campagna porta a porta per contrabbandare fandonie per verità inoppugnabili: slogan tirati per i capelli, a forzare la mano nel merito ad una riforma costituzionale complicata e farraginosa, lasciando il merito svuotato e superfluo.
Perché nella consapevolezza che il messaggi passi, nonostante la rozzezza della progressione concettuale, c’è la sconfitta di un mezzo – il referendum – e di una comunità, che si “ammocca” le peggio porcherie senza nemmeno il filtro della curiosità: la verifica è una roba pallosissima, sai che c’è? condivido il video che “ha indignato il web” e via a fare la formazione del fantacalcio. Il No avrebbe decine di tesi a supporto, anche il Sì ne avrebbe. Ma, in realtà, a chi importa?
A pochi giorni dal 4 dicembre abbiamo quanto meno fatto pace con la riduzione della battaglia sulla riforma della “sacra” Costituzione a semplice contesa di parte: che è un referendum politico è chiaro a tutti, e almeno ci solleva dalla fatica dello studio estemporaneo. I migliori costituzionalisti studiano e litigano sui rivoli della riforma ma sono tutti d’accordo sul fatto che molto poco cambierà, alla fine. E’ placido, o almeno dovrebbe esserlo nel comune buon senso, che noi “umani” dovremmo fare un sobrio passo indietro: chi sono io per saperne più di loro? E’ il minimo sindacale dell’onestà intellettuale: provare ad informarsi con spirito critico – sempre che la questione ci interessi – mettendo alla porta quelli che continuano a urlare al vento pelosi accostamenti tra una scelta referendaria e Adolf Hitler, per esempio.
Se prendi un attimo fiato e sospendi il giudizio di parte una cosa è chiara: la campagna per il No è la migliore campagna possibile per il Sì. E viceversa. L’induzione al disgusto, alla lunga, ottiene l’effetto contrario. Ma quelli insistono, aggrappandosi insalivati ad ogni microfono disponibile, abbassando il livello ancora e ancora.
Persino il vero “merito” della tenzone – quello politico – resta sopraffatto dalla rarefazione delle analisi meno grezze. Si è convinti che votare Sì sia pro-Renzi e che votare No sia contro-Renzi. E quelli che in queste ore sono approdati sul mio schermo con la panzana di Hitler pensano onestamente che se vince il No si va alle elezioni e che il M5S diventa per magia padrone del mondo e di un altro paio di universi conosciuti. E invece – scrive Francesco Costa – “una vittoria del No farebbe fuori il governo Renzi, che sarebbe sostituito probabilmente da un governo Franceschini o Delrio o Tizio o Caio sostenuto dalla stessa maggioranza che oggi sostiene il governo Renzi. Se si andasse a votare subito, la legge elettorale garantirebbe con assoluta e matematica certezza la nascita di un altro governicchio di larghe intese, il quarto consecutivo. Se si volesse invece modificare di comune accordo la legge elettorale, servirebbe mettere d’accordo un PD decapitato, le macerie di Forza Italia, il Movimento 5 Stelle e la Lega: buona fortuna”.
Se un merito sociale questo referendum ce l’ha è che sta implicitamente riabilitando il nefasto “che fai a Capodanno?” di stagione, imponendosi nella classificazione di Rocco Schiavone come “rottura di coglioni di decimo livello”. Davvero, ognuno ha una sua soglia del dolore, ma l’evidenza del mio prossimo – amico, parente, vicino – nella sua trasfigurazione politico-aggressiva nuoce gravemente alla mia salute. Non ce la faccio più.
Al bar, quelli che ancora vogliono discutere di Costituzione fanno una tenerezza indicibile. Vi abbraccerei forte forte, avete il caffè pagato, ovunque voi siate.