Questa è una storia che inizia molto tempo fa, come una favola senza tempo e senza fine.
Il 2 ottobre 2008, allo stadio Da Luz di Lisbona, si gioca Benfica-Napoli, partita di ritorno valevole per l’accesso ai gironi di Coppa Uefa (o Europa League).
La partita di andata è finita 3-2 per il Napoli.
Ma al ritorno le cose vanno male, il Napoli esce sconfitto per 2-0 dallo stadio portoghese e abbandona le speranze europee.
Nel settore ospiti, campeggia un piccolo striscione con su scritto: “Grazie ragazzi!”
L’Europa non la si vedeva da molto, troppo tempo; la gente di Napoli sta ricominciando a sognare.
All’epoca, in quel Napoli, giocava un ragazzotto e coi capelli lunghi, uno scugnizzo venuto dall’Argentina che a guardarlo non lo assoceresti mai ad un calciatore.
Eppure.
Eppure lui, come pochi prima, e pochissimi dopo, è entrato da subito nel cuore dei tifosi, nonostante qualche atteggiamento fuori dalle righe, o forse proprio per quello.
Che Napoletani saremmo altrimenti?
Una delle sue pazzie è quella che più di tutte ha sancito il legame tra il Pocho Lavezzi e la città di Napoli.
Ma andiamo per ordine.
Otto anni dopo l’infausta serata in terra portoghese, il Napoli è tornato ad affrontare il Benfica lo scorso martedì.
In una competizione di un’importanza massima, in un momento di un’importanza massima, con una consapevolezza nei propri mezzi assolutamente maggiore rispetto a quella dimostrata anni prima.
E il risultato stavolta ci ha sorriso.
Due a uno e primo posto nel girone di Champions.
Artefice principale della bella vittoria lì dove avevamo pianto e ringraziato nel 2008, è stato un folletto belga, ormai Napoletano, uno che nelle movenze ricorda molto quel ragazzotto argentino.
Magari con più pulizia e meno pazzia, ma con la stessa voglia di far innamorare di sé, la stessa voglia di divertirsi, la stessa capacità di incantare.
Una bella vendetta, gustata forse dopo troppo tempo, ma meglio così, vista la valenza.
Torniamo indietro, adesso, di nuovo, ad una delle pazzie di quel dannato Pocho.
Il 10 novembre 2010 si gioca Cagliari-Napoli.
La squadra partenopea soffre ancora sui campi in cui è più odiata, si sta approcciando con molta cautela alle zone alte della classifica, e la trasferta in terra sarda può dire molto sulla condizione azzurra.
La partita scorre via senza particolari patemi.
Fino all’ultimo istante.
Minuto 95.
Calcio di punizione per la squadra isolana.
Cellino, il loro presidente, che non ha mai perso occasione per insultare la nostra amata terra, freme al pensiero di vincerla così, ad uno sputo dalla fine.
Noi preghiamo solo di tornare con un punto.
Ma non abbiamo fatto i conti con De Gregori, e con una profezia scritta 26 anni prima.
Il Cagliari batte, pallone al limite, tiro, respinto dalla schiena di uno dei nostri.
Perfetto, è finita.
Un punto a Cagliari non è poi così male.
E no, invece!
Ve l’ho già detto.
De Gregori.
“Nino capì fin dal primo momento,
l’allenatore sembrava contento
e allora mise il cuore dentro alle scarpe
e corse più veloce del vento.
Prese un pallone che sembrava stregato,
accanto al piede rimaneva incollato,
entrò nell’area, tirò senza guardare
ed il portiere lo fece passare.”
Il tempo si ferma in determinate circostanze, certi momenti ti rimangono davvero impressi in una maniera così spaventosa da risultare troppo difficili da spiegare, ma più facili da vedere semplicemente chiudendo gli occhi.
Il Napoli è tornato a Cagliari nel fine settimana appena passato, ha preso la squadra rossoblù (che aveva parlato di derby in attesa della sfida alla squadra di Sarri) e ne ha fatto un solo boccone.
Il belga, quello di prima, ne ha fatti 3.
E sul terzo, ha anche esultato con un cuore verso i tifosi avversari.
Non l’hanno preso bene loro, noi sì.
Ci ha fatto tornare in mente quell’altro pazzo.
Quell’argentino di cui si narra che una volta, prima di una finale tra Juventus e Napoli, si mise in disparte, decidendo di non abbracciare i propri avversari nel cerchio di centrocampo.
Un uomo solo, uno di noi.
Quella è la vendetta più grande, che aspettiamo da sempre.
A completamento di una settimana finalmente stupenda dopo un po’ troppo tempo, è arrivato il sorteggio di Champions.
E ci toccano i campioni in carica.
Sono contento verranno qui al ritorno.
Non perché possiamo gestire meglio il risultato.
Né per far aver loro paura.
Ma per mostrargli l’amore.
Solo qui lo vedranno come da nessun’altra parte.
Ai nostri ragazzi, alla nostra squadra, niente da dire.
Comunque vada, sarà un successo.
Frase banale, trita e ritrita, è vero, ma che rende bene l’idea.
Ce n’è una migliore.
Una cantata dal più grande, dal nostro Re, da Diego, il giorno del primo scudetto.
Comunque vada, Napoli, “sei la favola più bella che io racconterò!”