Quello del 2016 è stato un Natale in tono minore per la società italiana, visto che, come recitano delle statistiche intorno al livello dei consumi per il cenone della vigilia e per il pranzo del 25, le famiglie italiane hanno speso, mediamente, in meno rispetto agli anni precedenti.
È evidente che un simile dato va scorporato, per cui si può facilmente ipotizzare che i ceti più abbienti abbiano speso, anche, in più rispetto ai loro standard, mentre molto più basso è il livello di consumi dei ceti meno fortunati, ormai prossimi ad una condizione di disagio molto diffusa.
Non è un caso, se le tavole delle associazioni ed organizzazioni benefiche si sono arricchite, purtroppo, di nuovi avventori, alla ricerca di un pasto caldo il giorno di Natale.
Cosa fare?
In primis, è giusto che la società, non solo quella italiana, prenda consapevolezza del problema, visto che, nel recente passato, troppo spesso sono state sbandierate, per fini di propaganda, delle cifre che non dicono affatto il reale stato delle cose.
La ripresa non c’è ed il lievissimo miglioramento, di cui il precedente Premier spesso ha parlato, non incide in modo significativo sugli esiti concreti della nostra economia nazionale.
Vanno mutate delle condizioni strutturali, se vogliamo evitare che, ogni giorno, il saldo fra le imprese, che chiudono per fallimento, e quelle che aprono sia negativo.
È necessario – e non solo opportuno – che la presenza dello Stato si faccia sentire, dal momento che il principale committente delle imprese private è, sempre, stata la mano pubblica.
In che modo?
Modificando la Costituzione nell’unico punto che merita, per davvero, di essere emendata, laddove è stato introdotto l’obbligo del pareggio di bilancio, che, se per un verso salvaguarda i conti dello Stato, per altro limita moltissimo la capacità espansiva della nostra economia, come di quelle che, per secoli, si sono sempre sorrette sugli investimenti statali.
Inoltre, sarebbe opportuno un più oculato e razionale uso delle risorse europee, visto che molte di queste non sempre vengono spese in progetti che hanno un’effettiva ricaduta sui destini dell’economia nazionale.
Ovviamente, per fare questo, è necessaria una classe dirigente autorevole ed all’altezza del compito.
Ma, noi la possediamo?
O, dietro al miraggio renziano – di fatto – del cambio della forma dello Stato e dell’articolazione del potere parlamentare, si è nascosto il più grande tentativo di mistificazione di limiti oggettivi, che – fino a quando permarranno – pregiudicheranno non solo il presente, già gramo, ma anche il futuro delle generazioni che, adesso, per loro fortuna si affacciano alla maggiore età?