The blue whale, una bufala grossa quanto una balena.

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Dopo il servizio della iena Matteo Viviani impazza nel web il terrore per questo “gioco” dai contenuti macabri. Ma, cosa ci sarà di vero nell’agghiacciante Blue Whale?

Chiariamo immediatamente che, in Russia, il tasso di suicidi tra minori è sempre stato altissimo rispetto agli altri paesi. Il sito STC riporta dei dati a dir poco impressionanti: tra il 1990 ed il 2010 sono stati registrati in Russia circa 800.000 morti per suicidio, Wikipedia la posiziona al quattordicesimo posto nella lista degli stati in base al tasso di suicidi.

Da qualche mese si sta diffondendo a macchia d’olio questa notizia del Blue Whale, il fantomatico gioco che costringerebbe i partecipanti a prove sempre più assurde, a cominciare dal non rivolgere la parola agli altri per giorni interi, passando attraverso tagli sulle braccia e sulle gambe, per finire poi, una volta arrivati al cinquantesimo giorno del gioco, al suicidio.

Nel servizio de Le Iene si ipotizza anche che, il ragazzo che si è tolto la vita a Livorno circa un mese fa, sia collegato anch’egli a questo gioco mortale.

Ma andiamo con ordine.

Matteo Viviani avvisa i telespettatori che il servizio che sta per mandare in onda ha contenuti molto forti, invita i più impressionabili ad astenersi dal guardarlo e poi comincia con tutta una carrellata di immagini di persone che si lanciano nel vuoto da grattacieli altissimi, mentre una voce fuori campo illustra le macabre regole del Blue Whale.

Ecco, a questo punto l’attenzione del telespettatore medio è già bella che catturata.

Al momento giusto arriva l’intervista alle mamme di due delle tante ragazzine russe che sono morte gettandosi da un palazzo.

Non voglio assolutamente sminuire il dolore di queste donne ma, pensandoci bene, tutta la questione appare un po’ tirata per i capelli.

In merito ai video agghiaccianti di suicidio mandati in onda da Le Iene, gli stessi sono facilmente reperibili su YouTube, cercando le parole chiave “suicide jumping building” e molti sono vecchi di addirittura due anni, nulla li può collegare a questo gioco. Il fatto che siano stati selezionati ad arte per montare un servizio con toni sensazionalistici, dovrebbe già far riflettere il telespettatore.

Sulla testimonianza delle due mamme non si può assolutamente sindacare, le loro lacrime non lasciano spazio ad equivoci ma, gli unici elementi che entrambe adducono a sostegno della tesi sul collegamento col gioco del Blue Whale, sono i disegni delle due ragazze che avevano ad oggetto delle balene.

Ricordiamo che le regole di questo gioco comprendevano tagli profondi su parti del corpo ben visibili tra cui mani e viso, ritmi di sonno-veglia a dir poco disumani (svegliarsi alle 4:20 e guardare film dell’orrore), sarebbe stato impossibile per un genitore non accorgersi che qualcosa non andava. Eppure, entrambe le donne giurano che le proprie figlie erano solari ed allegre e non mostravano alcun segno di instabilità.

In merito al ragazzo di Livorno, persino Matteo Viviani sembrava capirlo che, la testimonianza di un minore e di suo padre che forse conoscevano il giovane suicida, era fin troppo risicata.

Il ragazzo in questione, col volto oscurato all’interno del video, afferma di aver visto il compagno di scuola il giorno prima del suo folle gesto, notando che aveva del sangue che “gli colava fin sopra i piedi a causa di una serie di tagli profondi che si era autoinflitto sull’addome”. Continua la sua testimonianza precisando che il ragazzo è uscito da scuola alla seconda ora. Si presume che, trattandosi di un minore, non avrebbe potuto lasciare l’istituto senza l’autorizzazione di un adulto, di un genitore o di un tutore. Insomma, secondo la tesi de Le Iene, questo ragazzo si sarebbe puntellato l’addome presumibilmente con un taglierino, con il jeans e le scarpe impregnate di sangue sarebbe stato autorizzato dalla scuola ad allontanarsi, avrebbe scherzato col compagno sul compito di latino da fare il giorno dopo, senza che alcuno si accorgesse di nulla, si sarebbe poi recato sul palazzo più alto di Livorno e si sarebbe lanciato nel vuoto perchè una voce nel computer gli avrebbe detto di farlo. Un po’ inverosimile, non vi pare?

Uniamo al tutto il fatto che nessuno dei quotidiani più in vista abbia dedicato spazio alla notizia del Blue Whale. New Yorker, New York Times, The Times, nessuno ha scritto nulla.

Gli unici a parlarne sono quotidiani minori disseminati per il web. In Italia, dopo il servizio de Le Iene, ne hanno (ovviamente) scritto quasi tutti: il Fatto Quotidiano, Il Giornale, Il Messaggero e chi più ne ha, più ne metta, tutti a voler cavalcare l’onda verde della notizia acchiappa click.

“Ma anche voi de Il Domenicale ne state scrivendo!” penserete. Avete ragione, ma c’è una fondamentale differenza: questo è un articolo per cercare di far ragionare e non per dare un’informazione sensazionalistica basata su una serie di fatti reali che tra loro hanno un collegamento tirato per i capelli.

Phillip Budeikin, l’ideatore del gioco è stato arrestato pochi giorni fa in Russia, ha dichiarato di aver “purificato la società”.

Mi chiedo, a questo punto, come mai nessuno in Italia si sia ancora attivato per arrestare gli ideatori dei siti emo e dei siti pro-ana e pro-mia (pro anoressia e pro bulimia) che rappresentano un problema reale e che sono facilmente raggiungibili da milioni di adolescenti attraverso i loro smartphone. Siti in cui esiste il cd “decalogo pro ana o pro mia”, una serie di regole (stavolta non sono 50 ma molte di più) attraverso le quali la “vittima” viene educata a non mangiare, a procurarsi il vomito, viene informata sui mille fantasiosi modi che esistono per farsi passare la fame.

Per farvi capire quanto anche questi siti possano essere pericolosi, siti che esistono, che si possono toccare con mano virtuale, non come il Blue Whale di cui agli atti hanno parlato soltanto i giornali, basterà riportarvi una delle regole del decalogo pro-ana, la regola madre: Essere magri è più importante che essere sani.

 

Faccio parte di quella categoria di persone che picchia le cose quando non funzionano. E poi chiede loro scusa. Di conseguenza, le mie storie sentimentali non terminano con piatti rotti ma col diradarsi delle telefonate. Raccolgo i miei viaggi sul frigorifero. Ho paura del buio e degli angoli, come quella scena di Mulholland Drive. Alla vita non ci penso mai. Perché, se pensi alla vita, poi dici le cose banali sulla vita, tipo "eh, ma la vita è così". Ma la vita non è mai così. La vita ci si avvicina, a così. Ah, non ho mai schiacciato un insetto. Beh, forse qualcuno sì ma molto raramente, solo di notte, e mai un ragno. Lo so, è una forma di razzismo. Una volta ho fatto il contrario e sono stata redarguita dagli eventi. Prima di andare a dormire ho visto un millepiedi nella mia stanza. L'ho lasciato lì, dicendomi: 'tanto dove può andare?'. Il mattino dopo mi sono infilata le scarpe e ho sentito un rumore croccante. Ho avuto l'alluce colorato di viola per tre giorni. Sono tanti i posti in cui mi piacerebbe andare. In Islanda, in Giappone, in Antartide. Nel posto più rumoroso del mondo e nel posto meno rumoroso. Nei posti delle storie: le foresta, il bosco, il deserto, l'isola tropicale, la tundra, la giungla. Nei posti che non hanno nome. Spero che un giorno riusciranno ad inventare il teletrasporto con la riproduzione casuale.